di Martina di Giovanni
“Eneide”, Libro lV: le vicende dell’amore tra Enea , eroe troiano e la regina di Cartagine, Didone, che per sottrarsi al congiungimento con un re africano, decide di suicidarsi. In queste vicende narrate da Virgilio nel noto poema epico , si inseriscono gli dei greci, che hanno una grande influenza nelle vicissitudini umane, interagendo, anzi , interferendo spesso e con grande superficialita’ con i destini degli uomini, dei spesso viziosi che si divertono mutandosi in animali o cambiando le sorti delle vicende inaspettatamente servendosene per le loro dispute e i loro fini particolaristici.
Nell’ antichità , la morte, prima che subentrasse il pensiero scientifico (età dei lumi), non era considerata come un evento ineluttabile. Anzi, l’ uomo la considerava un “continuum”. Nella mitologia greca Iris, (e Iride in quella romana), riveste la funzione dell’ arcobaleno, di cui era personificazione , rappresentando il sentiero che dal cielo percorreva per arrivare alla terra. Era la sorella di Morfeo, nonché potente esecutrice del volere degli dei e per questo carattere della celerità dei suoi interventi era dotata, come Hermes, di ali ai piedi. Quindi ella era ponte e “messaggera” degli dei tra gli uomini. Celebre l’ episodio dell’ Eneide, in cui, incaricata da Era, aleggia sul capo di Didone e recidendole un capello in una forma rituale, pone fine alla sua agonia. Forse aveva solo reciso il “cordone argenteo” che nel momento della dipartita si distacca per concludere il percorso nel piano della materia.