Ci sono attrici che recitano. E poi ci sono presenze che vivono nei ruoli, che incarnano un’idea, un mistero, un sentimento. Olivia Hussey apparteneva a questa seconda, rara categoria. Il suo volto non era solo un dono del destino, ma un ponte tra il sacro e l’umano, tra l’eterno e il quotidiano. Nessuno più di Franco Zeffirelli, custode devoto della bellezza in tutte le sue forme, avrebbe potuto svelarne l’anima con una tale profondità.
La loro storia artistica inizia con un sogno, quello di portare sul grande schermo l’amore puro e tragico di Giulietta e Romeo (1968). Olivia, appena diciassettenne, fu scelta per essere Giulietta, non tanto per interpretare un personaggio, quanto per incarnare l’essenza stessa dell’amore. La sua Giulietta non era semplicemente una giovane donna, ma l’archetipo dell’amore eterno: delicata, vibrante, immortale. Quegli occhi, quella voce, quella grazia naturale trasformarono un dramma shakespeariano in una poesia visiva che attraversa il tempo.
Ma se Giulietta era l’amore in fiore, il suo secondo incontro con Zeffirelli la trasportò in una dimensione ancora più profonda. Con “Gesù di Nazareth” (1977), Olivia divenne Maria, madre di Dio e madre di un’umanità intera. In quel ruolo, la sua bellezza, che già aveva incantato il mondo, si fece simbolo. Il suo volto, velato dalla luce di una purezza inaccessibile, era la personificazione del sacro. Maria, in Olivia, non era solo una figura celeste, ma una donna reale, umana, capace di amare e soffrire con una dignità che trascendeva ogni limite terreno.
Zeffirelli, il suo maestro, il suo sacerdote del bello, seppe catturare questa dualità: il sacro e il terreno, il divino e il desiderabile. La Hussey era entrambe le cose. Guardandola nelle vesti della Vergine, lo spettatore non vede solo la madre del Cristo, ma sente la forza di una donna vera, che accetta il Mistero con coraggio e abbandono.
Oggi, ricordando Olivia Hussey, ci rimangono le immagini di queste due figure: Giulietta e Maria. Da un lato, l’amore terreno, travolgente, eterno nella sua finitezza. Dall’altro, l’amore divino, che tutto comprende e tutto supera. Due facce della stessa medaglia, unite da un’unica bellezza che il genio di Zeffirelli seppe trasformare in Arte.
La sua Giulietta ci insegna a vivere l’amore con l’intensità di chi non conosce domani. La sua Maria ci invita a guardare oltre, verso un amore che trascende il mondo. Olivia Hussey non è stata solo un’attrice: è stata un dono. E se oggi la ricordiamo con nostalgia e ammirazione, è perché in lei abbiamo visto riflesso il meglio di ciò che siamo capaci di immaginare: bellezza, purezza, amore.
Riposa in pace, Olivia. Le tue opere continueranno a parlare per te, eterne come il tuo volto, immortali come l’arte che hai saputo incarnare.