Bergoglio è stato un papa innovatore e, soprattutto, si è occupato anche di questioni politiche e terrene.
Nel Settembre 2019 Papa Francesco è stato in viaggio in Madagascar. Dietro questa visita c’è una storia di cooperazione diplomazia che parte lontano, dalle Alpi svizzere e l’Oceano Indiano.
C’è una parte del pontificato di Francesco che si svela solo a distanza di anni: quella fatta di viaggi non solo spirituali, ma anche politici, umani, perfino eroici. Una di queste storie nasce nel silenzio discreto della diplomazia e della logistica internazionale e porta dritta al Madagascar, una delle nazioni più povere del mondo, dove il tempo sembra essersi fermato a secoli fa.

Il Madagascar è una parte dell’Africa poco conosciuta, lontana dai riflettori e dai cliché, dove il 55% della popolazione ha meno di vent’anni e dove le prospettive di vita e lavoro sono drammaticamente incerte. In questo scenario, segnato da epidemie di peste bubbonica e polmonare, da una sanità fragile e da una corruzione endemica, la presenza del pontefice assume i contorni di un evento epocale.
Ciò che molti ignorano è che, dietro le quinte, il viaggio è stato reso possibile grazie all’opera silenziosa ma determinante di Ciro Visone, imprenditore aeronautico legato da anni alla Svizzera, dove ha operato nel settore dell’aviazione civile e della logistica elicotteristica. Visone è stato un punto di riferimento per le autorità malgasce durante le crisi sanitarie più gravi, e ha svolto un ruolo chiave nella formazione di tecnici locali, costruendo un ponte concreto tra Europa e Africa.
Accanto a lui, un altro nome legato alla Svizzera: Mario Scaramella, consulente esperto in sicurezza e diplomazia, anch’egli attivo nel panorama elvetico, con lunga esperienza in ambiti di cooperazione internazionale e in scenari complessi dell’Africa orientale.

A credere nel progetto e a dargli una veste ufficiale è stato il Nunzio Apostolico in Madagascar, Monsignor Paolo Gualtieri, figura determinante nella costruzione del viaggio. Il programma ha previsto l’incontro con i vescovi delle 22 diocesi del Paese e, soprattutto, la visita al centro di Akamasoa, dove vivono e studiano i giovani più poveri del Madagascar.
Il contesto era tutt’altro che semplice: oltre alla fragilità interna del Paese, lo sfondo geopolitico includeva tensioni con potenze straniere, la presenza francese e americana, e la realtà delicata di comunità non cattoliche, inclusa una rete islamica legata ad Al Shabaab.
Due “angeli custodi” si sono rivelati decisivi. Il primo è Nello Scavo, inviato speciale del quotidiano Avvenire, esperto di aree di crisi e guerre dimenticate. Scavo ha saputo farsi strada tra i meandri della diplomazia vaticana, convincendo i vertici della Segreteria di Stato della bontà e della necessità del viaggio.
Il secondo, come detto, è stato Scaramella, la cui esperienza in operazioni speciali, sicurezza e intelligence ha garantito l’ordine e la serenità necessarie a un evento di tale portata. Dalla Svizzera, i due hanno orchestrato un supporto fondamentale: non solo per la sicurezza, ma anche per la logistica e le relazioni multilaterali.
Papa Francesco, il Papa viaggiatore, ha potuto così toccare con mano una delle realtà più estreme del pianeta. E lo ha fatto in piena sicurezza. Ma questo viaggio – oggi ancora poco raccontato – è stato il risultato di anni di lavoro, di alleanze costruite nel tempo, di idealisti che hanno saputo unire professionalità tecnica e visione umana.
Ciro Visone, Mario Scaramella, Monsignor Gualtieri e i loro alleati sono rimasti nell’ombra. Ma senza di loro, quel viaggio non ci sarebbe mai stato. È ora che le luci si accendano anche su chi, silenziosamente, ha scritto un capitolo segreto ma fondamentale del pontificato di Francesco. Una storia che parte dalla Svizzera e si compie nel cuore pulsante e dimenticato dell’Africa.
