Pier Paolo Pasolini amava l’Iran. Ma l’Iran di quei tempi era ben diverso da quello estremista ed opprimente di oggi.
Nel 1973 Pier Paolo Pasolini, uno dei più acuti e inquieti intellettuali del Novecento italiano, approdò in Iran per girare il suo Il fiore delle Mille e una notte, terzo e ultimo capitolo della sua celebre “Trilogia della vita”. Fu un viaggio che unì cinema, poesia e antropologia, proiettando lo sguardo del regista friulano su un Oriente ancora vivo di colori, di sensualità, di miti arcaici e di civiltà millenarie. Oggi, a cinquant’anni da quel viaggio, Teheran nel 2022 ha reso omaggio a quell’esperienza artistica con una mostra straordinaria: Le mille e una notte di Pasolini, ospitata fino a metà settembre presso l’Argo Factory, antico birrificio trasformato in uno dei più importanti spazi culturali della capitale iraniana. La mostra è stat Organizzata dall’Ambasciata d’Italia e dalla Fondazione Pejman… ma in un Iran sottomesso alla Sharia che non ha più nulla da spartire con l’Iran libero del passatp-
ROMA, 10 giugno 2022

Organizzata dall’Ambasciata d’Italia in Iran insieme alla Fondazione Pejman e al Fondo Roberto Villa di Milano, la mostra raccoglie materiali preziosi: le fotografie di Roberto Villa scattate sul set del film, estratti documentaristici, costumi di scena, pagine di sceneggiature originali e rarità editoriali. Un viaggio nel viaggio, che restituisce il fascino di un Iran che allora viveva ancora sotto la monarchia dello Scià, in un clima che, pur fra contraddizioni, lasciava spazio a una società più aperta, a scambi culturali, a una pluralità di voci artistiche.
Pasolini, con la sua opera, offriva un Oriente sensuale e libero, scevro di moralismi occidentali come di fanatismi religiosi. Il fiore delle Mille e una notte, ispirato alle antiche novelle persiane e arabe, è un film traboccante di corpi, di desideri, di passioni narrate con innocenza primigenia, senza colpa né censura. Nelle sequenze girate a Isfahan, Yazd, Shiraz e nei deserti iranici, il regista catturò la luce antica della Persia, i suoi colori vivi, la sua architettura sublime. Quel film — come l’intera Trilogia della vita — rappresentava, nella visione pasoliniana, una sorta di Eden perduto: un mondo ancora non corrotto dalla modernità omologante e dal consumismo capitalistico.
Ma l’Iran di oggi non è più quello del 1973.
Nel 1979, appena sei anni dopo il viaggio di Pasolini, la Rivoluzione islamica travolse il Paese, instaurando un regime teocratico che ancora oggi governa con pugno di ferro. Da allora l’Iran è sotto il controllo di un’oligarchia religiosa sciita, in cui le libertà individuali sono sistematicamente represse: censura culturale, limitazioni draconiane ai diritti delle donne, persecuzione degli oppositori politici, soppressione violenta delle proteste popolari. Un Paese ricchissimo di storia e cultura, oggi soffocato da un potere che interpreta rigidamente la legge islamica e reprime ogni anelito di modernità e pluralismo.
Proprio per questo la mostra Le mille e una notte di Pasolini, pur nella sua veste ufficiale e diplomaticamente autorizzata, assume un valore profondo e ambiguo. Essa evoca un Iran che fu, un Iran che avrebbe potuto diventare un laboratorio di dialogo fra civiltà, e che invece è stato risucchiato in un fanatismo cieco, dove anche il cinema e l’arte devono camminare sul filo sottile della sopravvivenza politica. È paradossale che Pasolini, paladino di un erotismo libero e di una cultura laica e dissidente, venga oggi celebrato proprio in un Paese dove la censura morale e religiosa governa ogni aspetto della vita sociale.
Nel suo discorso di inaugurazione, l’ambasciatore italiano Giuseppe Perrone ha ricordato come la voce di Pasolini sia oggi più attuale che mai, come coscienza critica contro ogni forma di terrorismo, criminalità e corruzione. Eppure, proprio in Iran, questa stessa voce non potrebbe oggi esprimersi liberamente.
La mostra di Teheran è dunque, al di là del suo valore artistico, anche un monito silenzioso sulla fragilità delle libertà culturali e sull’enorme distanza che separa la visione utopica di Pasolini dalla dura realtà dell’Iran contemporaneo. Un Paese che, come molte delle sue splendide cupole azzurre, continua a brillare nel silenzio, coperto da veli di censura e paura.
