Hate Speech o Censura? La brutale chiusura di Messainlatino.it e la persecuzione dei cristiani nel campo digitale. Ai curatori del blog va l’onorevole palma del martirio digitale, perchè di persecuzione religiosa si tratta. Anche in campo virtuale.
di Liliane Tami
È caduta la lama della ghigliottina ( come facevano i rivoluzionari francesi sanculotti coi cattolici durante la Rivoluzione Francese) su uno dei blog più longevi e seguiti del panorama cattolico italiano. Messainlatino.it esisteva fin dall’anno 2007, con oltre 1.020.000 visite solo nel mese scorso ed oltre 22.000 post editi e conteneva la rubrica 300 Denari coi suoi centinaia di articoli pubblicati ogni giovedì in cui Roberto Manzi promuoveva una visione cattolica, secondo la dottrina sociale della Chiesa, di lavoro, economia e finanza. Questo sito, voce dedicata alla liturgia tradizionale e alla riflessione ecclesiale, è stato rimosso dalla piattaforma Blogger con la mannaia della censura del politically-correct. Nessun errore dottrinale. Nessuna istigazione alla violenza. Solo un’accusa generica: “violazione delle norme contro l’hate speech”.
Così, senza un processo, senza un esempio concreto, senza possibilità di confronto, una voce si spegne. Una voce scomoda, forse, ma sincera. E il danno che ne deriva non riguarda solo i tradizionalisti, ma la libertà stessa di espressione nel mondo cattolico e oltre.

Libertà condizionata
Il caso di Messainlatino solleva una domanda urgente: è ancora possibile oggi predicare, ammonire, proporre visioni teologiche fondate senza essere accusati di odio? Oppure l’odio è diventato il nuovo nome della verità che disturba?
Non si tratta di legittimare ogni espressione estrema o deviata — il diritto di parola, come ogni diritto, ha dei limiti: nessuno dovrebbe invocare la lapidazione delel donne adultere, come certi imam, nessuno dovrebbe fomentare violenza contro individui o gruppi. Ma quando a essere censurato è un sito che si è limitato, pur con toni talvolta polemici, a esprimere fedeltà alla dottrina cattolica e alla forma liturgica più antica della Chiesa, allora la questione non è più morale, ma ideologica. È lecito difendere ciò che la Chiesa ha sempre insegnato senza essere bollati come pericolosi?
Una Chiesa di carismi, non di sospetti
La Chiesa non è — e non deve essere — un monolite. La sua bellezza e verità si manifestano proprio nella pluralità dei carismi. C’è chi evangelizza attraverso la via della giustizia sociale, chi nella contemplazione monastica, chi nell’incontro con i lontani, chi nella riscoperta della liturgia antica. Ogni carisma, se autenticamente vissuto, concorre all’edificazione del Corpo di Cristo. Ridurre tutto alla logica binaria “progressisti contro tradizionalisti” è non solo riduttivo, ma anche dannoso. Perché chi ama la tradizione — senza indulgenze a derive settarie o nostalgiche o peggio eretiche, come i minutellisti — merita di esprimersi. Anzi: deve farlo.
Chi invoca il Vetus Ordo, chi si interroga sulle recenti riforme, chi esprime perplessità su alcuni orientamenti pastorali lo fa — nella stragrande maggioranza dei casi — non per ribellione, ma per amore. E anche quando sbaglia, ha diritto di parola, di replica, di confronto. Non di cancellazione. Ne parlo anche io ( Liliane Tami) infatti, proprio nel mio libro ” Dal Peccato alla grazia”, in cui cerco di conciliare le due parti.
L’algoritmo come inquisitore
Il paradosso è bruciante. Dopo secoli in cui la Chiesa è stata accusata di censura inquisitoriale, oggi accade che sia proprio il mondo laico e woke, in nome della tolleranza, ad applicare una nuova forma di censura, meno visibile ma non meno efficace. L’inquisizione moderna non imprigiona, non brucia, non scomunica. Ma segnala, oscura, rimuove. Il tutto mediato da un algoritmo. Da un regolamento opaco. Da un modulo anonimo di segnalazione.
Il caso Messainlatino non è un’eccezione isolata, ma parte di una tendenza inquietante: la sostituzione del dialogo con la rimozione, del confronto con il sospetto, della verità con il consenso emotivo. Anche il canale 100 giorni da leone, di Riccardo Rocchesso, ha subito inquietanti oscuramenti in nome dell’ideologia woke. Basta che qualcuno appartenente alla generazione snowflake si senta “offeso” perché una pagina venga chiusa. Ma la verità evangelica non è sempre comoda. È pietra d’inciampo, spada che divide, parola che giudica. Eppure, è anche parola che salva.
Difendere la libertà per tutti
Difendere il diritto di Messainlatino a esistere, a esprimersi, a essere criticato — se serve — è un dovere di chiunque abbia a cuore la libertà. Perché oggi è un blog a cadere. Domani potrebbe essere un saggio, un libro, una riflessione pubblica, una predica, un’omelia. Non si tratta di difendere un’ideologia, ma un principio: la possibilità di pensare, dire e testimoniare la fede cristiana secondo coscienza.
Il diritto di predicare — nella misura in cui rispetta la dignità delle persone e non incita alla violenza — è parte integrante della libertà religiosa. E la libertà religiosa è un pilastro della dignità umana. Non basta invocare la “tolleranza”. Occorre custodire la verità. Anche quando punge. Anche quando divide. Anche quando inquieta.
Chi ha a cuore la verità non ha paura del pluralismo. Solo l’errore ha bisogno del silenzio altrui per sopravvivere. La rimozione di Messainlatino non è solo una questione tecnica. È un segnale. Un monito. Una ferita. Che interroga tutti — cattolici e non — sul prezzo che siamo disposti a pagare per la libertà. Una libertà che oggi non muore per decreto, ma per omissione. Una libertà che chiede voce, spazio, ascolto. E, soprattutto, verità. Anche quando condanna gli eccessi, dall’altra parte, di una libertà viziosa che diventa autodistruzione dell’occidente.