di historicus
Per gran parte della storia moderna, abbiamo letto la politica attraverso la lente binaria della destra e della sinistra. Due poli ideologici che, nel tempo, hanno raccolto visioni del mondo differenti, programmi economici alternativi, e sensibilità culturali opposte. Ma nel mondo contemporaneo, quella divisione appare sempre più inadeguata, superata, quasi obsoleta. Le ideologie tradizionali si sono svuotate, i partiti si sono ibridati, e i concetti di “destra” e “sinistra” sembrano spesso più etichette comode che contenuti reali.
Non perché siano scomparse le differenze di opinione, ma perché la linea di frattura decisiva oggi non è più tanto tra due ideologie politiche, bensì tra due atteggiamenti verso la realtà: da un lato, chi sceglie di vedere i fatti, di partire da ciò che accade davvero, di misurarsi con la realtà; dall’altro, chi preferisce negare tutto ciò che disturba la propria narrazione, rifugiandosi in slogan, moralismi, costruzioni artificiali – per non dire vere e proprie menzogne. La vera divisione oggi è tra chi guarda in faccia la realtà e chi la rifiuta e nega.
Il filosofo spagnolo Antonio Escohotado ha colto con lucidità questo cambio di paradigma, parlando di una nuova figura centrale del nostro tempo: i nemici della realtà. Secondo Escohotado, non c’è più uno scontro tra ideologie strutturate, ma tra chi accetta di confrontarsi con il mondo così com’è, e chi pretende di sostituirlo con una proiezione ideologica. Ossia, la vera minaccia alla libertà e alla convivenza pacifica non viene tanto da idee politiche opposte, bensì da coloro che rifiutano di vedere la realtà per quella che è, sostituendola con una narrazione artificiale, dogmatica, spesso imposta con violenza o censura.
Dice Antonio Escohotado:
“I nemici della realtà sono coloro che preferiscono l’ideologia all’esperienza, il dogma all’evidenza, la teoria al mondo che abbiamo davanti agli occhi.”

Oggi vediamo questa frattura in ogni ambito del dibattito pubblico:
-In chi rifiuta i dati scientifici quando scomodi;
-In chi nega i risultati economici, politici e sociali se non confermano la propria visione;
-In chi rifiuta il concetto di limite — biologico, culturale, ecc. — in nome di una libertà
illimitata e puramente astratta;
-In chi trasforma ogni questione in un atto di fede ideologica, censurando ogni voce
dissonante.
Perciò: Ma – e questo è molto importante – non si può guardare davvero la realtà se non si ha memoria. Il presente ha senso solo se si appoggia su una conoscenza viva del passato. Chi ignora la storia, chi dimentica le lezioni già apprese, chi rifiuta il confronto con ciò che è già accaduto, è destinato a muoversi alla cieca. E proprio per questo, finisce spesso per diventare preda delle mode ideologiche del momento.
“Chi non ha memoria è alla mercé dell’ideologia del giorno, pronto ad abbracciare ogni nuova menzogna, purché venga detta con forza e consenso.”
In questo senso purtroppo:
“Una bugia ripetuta mille volte si trasforma in verità.”
Senza memoria, siamo vulnerabili alla propaganda. Senza radici nella storia, la realtà ci sfugge – e al suo posto restano solo slogan. La capacità di vedere i fatti per come sono, richiede fatica: occorre confronto, studio, senso critico, ma anche umiltà. E soprattutto, serve ricordare per non ripetere.
La realtà non è un’opinione. È ciò che resta anche quando smettiamo di crederci, come diceva Philip K. Dick. E chi ha dimenticato le tragedie del Novecento, i fallimenti delle utopie totalizzanti,
le conseguenze disastrose dell’ideologia cieca, oggi rischia di ripercorrere quegli stessi sentieri – stavolta con nuove etichette, ma con lo stesso meccanismo di rimozione del reale. I nemici della realtà non vogliono convincere: vogliono conformare. Il loro potere non sta nell’argomentazione, ma nel controllo culturale. Per questo devono imporre il linguaggio, ridefinire i concetti, cancellare ciò che non si adatta al loro schema.
Diceva ancora Philip K. Dick:
“Lo strumento fondamentale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Chi riesce a controllare il significato delle parole, può controllare le persone che devono usarle.”
Dal canto suo, Escohotado avvertiva:
“Chi rifiuta la realtà costruisce una prigione di illusioni, dove la libertà è solo formale e dove
chi dissente viene escluso, deriso o zittito. E chi vive nell’illusione, prima o poi, pretende che anche gli altri vi abitino con lui.”
Una delle armi preferite dei nemici della realtà è il sentimentalismo, che non va confuso con l’empatia. Il sentimentalismo trasforma le emozioni in argomenti, e ciò che ‘sento’ diventa più importante di ciò che ‘è’. Secondo questa logica, qualsiasi dato che disturba può essere scartato perché ‘offensivo’ o ‘problematico’. Oggi si parla molto di “inclusione”, ma troppo spesso si intende l’inclusione solo di chi ripete la narrazione dominante.
Questo spiega perché in molti dibattiti contemporanei non si cerca più la verità, ma la convalida emotiva. La politica diventa così uno spettacolo di segnali morali, in cui viene premiato chi ‘dice la cosa giusta’, anche se falsa, e punito chi ‘dice la verità’, anche se necessaria.
Il compito urgente, oggi, è ricominciare dalla realtà, dalla verità. Guardare ciò che accade con occhi aperti. Avere il coraggio di dire che una cosa è sbagliata anche se impopolare. Avere l’umiltà di rimettere in discussione le proprie convinzioni alla luce dei fatti.
E per farlo, serve una memoria viva, una cultura storica profonda, un ancoraggio al reale. Solo chi ricorda – davvero – è libero. Solo chi ha memoria può distinguere la realtà dall’ideologia.
Come scriveva George Orwell:
“Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.”
Contro questa logica, ricordare e dire la verità diventano, in un certo senso, atti sovversivi.