Ieri abbiamo riferito dei fatti oggettivi che il processo celebrato il 14 agosto ha messo in luce (https://www.ticinolive.ch/2025/08/15/i-fatti-emersi-durante-al-processo-di-don-rolando/) e riferito della sentenza emessa. Abbiamo riferito come la Corte fosse composta non solo dal Giudice Amos Pagnamenta ma anche da sei Assessori Giurati, cioè una giuria popolare in rappresentanza di tutto il popolo ticinese. (https://www.ticinolive.ch/2025/08/15/scarcerazione-immediata-accuse-al-prete-ticinese-ridimensionate/). C’erano anche due Giudici a latere. Questa Corte ha emesso un giudizio che ha sorpreso veramente molti. 

Oggi vorrei proporre una riflessione a riguardo delle responsabilità istituzionali in gioco nel caso di don Rolando Leo. Le Istituzioni su cui vorrei soffermarmi sono la Magistratura, i media e la Diocesi ticinese. 

Anzitutto la Magistratura. 

La legge è uguale per tutti, preti o non preti. L’impressione che ho avuto ascoltando il dibattimento è che si confondesse il giudizio da emettere con il giudizio di Dio: ci sono state ampie citazioni di teologi come Benedetto XVI (da parte di un Accusatore Privato) e paragoni con testi del vangelo (la regola d’oro di Matteo 7,12 e Luca 6,31 citata dall’Avvocato difensore, che però l’ha stiracchiata fino a farla coincidere con “il nucleo centrale della sapienza di tutti i popoli“. Questa ben magra retorica, perché era evidente che chi citava non aveva grandi nozioni né di Cristianesimo né di cosa sia la Chiesa, esigeva poi pene astronomiche: 5 anni e mezzo di reclusione (la Procuratrice pubblica) o 3 anni di reclusione (l’Avvocato difensore). La Corte ha emesso un giudizio che, come ha detto il Giudice “rimette il campanile al centro del villaggio“. Cioè appunto: la legge è uguale per tutti. Se ad un abusatore seriale di una figliastra tredicenne si danno cinque anni e tre mesi, a don Rolando Leo non si possono dare cinque anni e mezzo, perché la legge non lo consente.

Eppure questa sentenza è stata giudicata “ridicola” da Fiorenzo Dadò (https://www.ticinolibero.ch/tribuna-libera/1860394/sentenza-don-leo-dado-pena-ridicola), editore, Deputato in Gran Consiglio e membro dell’Ufficio presidenziale dello stesso (https://www4.ti.ch/poteri/gc/parlamento/composizione-del-parlamento/composizione-nelle-ultime-legislature/dettaglio-deputati/?user_gcparlamento_pi3[canID]=57). 

È stata giudicata una “vergogna” perché “troppo mite” dal vicedirettore del Corriere del Ticino Gianni Righinetti (https://www.cdt.ch/opinioni/editoriali/la-vergogna-di-una-pena-troppo-mite-403112). È stata giudicata “scandalosa” da Giorgio Galusero, deputato PLR (La Regione 16.8.2025). La Procuratrice pubblica, Valentina Tuoni, intende ricorrere in appello (https://www.cdt.ch/news/ticino/don-rolando-leo-il-caso-non-e-chiuso-403111), evidentemente perché anche lei convinta che questa sentenza sia sbagliata.

Righinetti afferma giustamente che le sentenze di un Tribunale non vanno discusse, ma semmai appellate con i mezzi che l’ordinamento giuridico mette a disposizione. Però nel suo editoriale afferma anche che in questo caso bisogna fare un’eccezione perché l’esito del processo è “vergognoso”. Ma io gli vorrei chiedere, e chiederei anche a Dadò e alla PP Tuoni: si rendono conto che il giudizio è stato emesso da ben tre Giudici e da una Giuria popolare? Che cooperano a livello paritetico alla valutazione dei fatti, la formulazione del giudizio e nel comminare la pena? Se per un proprio sentimento di giustizia, ferito finché si vuole, si mette in discussione la legge per una particolare categoria di persone – i preti nella fattispecie – domani mattina siamo tutti per strada con i machete e i mitra! Vedano un attimo di calmarsi e appunto, come ha detto il Giudice, che il campanile venga rimesso al centro del villaggio! Cioè si riconosca per favore che la legge è uguale per tutti, preti o non preti. 

Le valutazioni sopra riportate esigerebbero un giudizio universale e non l’umile e tenace giudizio della legge umana. La fiducia tradita (La Regione 16.8.2025) la vendicherà Dio, gli uomini devono limitarsi a fare leggi giuste e uguali per tutti. Se dovessero mettersi al posto di Dio, avremmo quello che abbiamo visto dispiegarsi nel 20. secolo: i totalitarismi ideologici, che hanno fatto ben altro che tradire la fiducia! Infatti la modifica di legge è stata introdotta da Parlamentari del Movimento per il Socialismo (La Regione 16.8.2025), gli ultimi nostalgici di quei totalitarismi. Ma che ci si allinei  a questa richiesta denuncia solo cecità. 

Alla Procuratrice pubblica, che ha il compito di perseguire delitti così gravi da non essere denunciati solo da privati cittadini, che ha voluto  chiamare una Giuria popolare a far parte della Corte, vorrei ricordare che rappresenta il popolo ticinese. Se non rispetta questo giudizio, il bene di chi sta perseguendo? Chi sta servendo? La sua idea di giustizia? La Procuratrice pubblica è stata offesa dall’ampio sostegno documentato dalla corrispondenza che don Rolando Leo ha ricevuto in carcere. Si confronti per favore con il popolo ticinese e non solo con i media.

Appunto, i media. 

Il nome di don Rolando Leo ha occupato le prime pagine dei quotidiani fin dal momento dell’arresto, nell’agosto 2024. Ben diversamente, come ha fatto osservare Luigi Maffezzoli  (https://www.facebook.com/luigimaffezzoli/posts/pfbid0oobZ4RczauK1GV5W87TEBWQjf5Mqroo7u5zy9RuZRKvtz41AwZJWa3KMqVFEPf3fl) da altri casi analoghi in cui degli indagati di grosso calibro (direttori di scuola media, poliziotti, allenatori di squadre sportive juniores) si mettevano solo le iniziali o genericamente una qualifica che non permetteva di identificarli direttamente. I media ticinesi hanno organizzato a don Rolando Leo un processo pubblico senza possibilità di contraddittorio, alla faccia della presunzione d’innocenza. Un “viscido abusatore” (Fiorenzo Dadò), assolutamente seriale dal momento che le vittime accertate sono nove. Ma sicuramente sono molte di più, si scrive ancora oggi. Che sia stato l’Imputato stesso a fare i nomi delle vittime, nessuno lo ha scritto da nessuna parte. I reati comminati poi erano veramente succosi per una stampa a vocazione scandalistica: “coazione sessuale ripetuta, atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere, atti sessuali con fanciulli, ripetuti, pornografia, ripetuta” secondo l’Atto d’Accusa che La Regione ha diligentemente copiato e diffuso, sottolineando la serialità evidente. 

Qualcuno in Procura ha permesso infatti ai redattori de La Regione di leggere l’Atto d’accusa nel marzo 2025 (https://www.laregione.ch/cantone/ticino/1823798/don-leo-accusa-atto-rolando), quando il processo era previsto per maggio ma, per i grossi pasticci successi all’interno del Tribunale, è slittato ad agosto. Ammirate dello scoop realizzato dai colleghi bellinzonesi, le redazioni delle altre testate hanno riportato quello che La Regione scriveva, senza verificare nulla. La fonte citata era sempre e solo quella.

Il giorno della sentenza, e dopo che era stata emessa, il Quotidiano della RTSI ha trasmesso un servizio di 4 minuti, i primi due dei quali sono stati dedicati a ripetere quello che la sentenza aveva appena smontato. Certo, il servizio era stato preparato in anticipo, ma santo cielo, la notizia non era certo quella, perché era ben piuttosto il fatto che il processo mediatico sopra descritto è stato completamente sbugiardato!

I media ticinesi non hanno mai la mano leggera quando si tratta di sacerdoti. Ho scritto una lettera di protesta per quello che il Corriere del Ticino ha fatto a don Azzolino Chiappini e se non avessi insistito non avrei saputo neppure che era stata cestinata. L’ho pubblicata sul blog che curo a futura memoria (http://www.flostotiuseuropae.com/2023/10/lettera-al-corriere-del-ticino-la.html).  

Infine la Diocesi ticinese. 

Negli ultimi dieci anni gli scandali in cui sono incappati dei preti ticinesi sono troppi: dal 2015 ne ho contati almeno una decina. Il vescovo Valerio si è dimesso anche per questo, oltre che per il fatto di essere stato costretto a chiudere il Giornale del Popolo e minacciato di bancarotta finanziaria della Diocesi. Una sera a cena mi ha detto che aveva paura ad aprire la sua posta elettronica, perché si aspettava di trovarci un’altra brutta notizia. 

Stemma della Diocesi di Lugano

A questa situazione non può rimediare un GAVA (Gruppo di ascolto alle vittime di abuso in ambito religiosohttps://ascoltogava.ch/) che si allinea al giustizialismo dei media, e neppure la vana attesa che una condanna esemplare a don Rolando Leo metta a tacere tutto. E il GAVA da chi è finanziato? Non rimedierebbe neppure inserire nella legge ecclesiastica l’obbligo per la Diocesi di denunciare i casi di abuso da parte di ecclesiastici, cosa che tanto La Regione che il Corriere del Ticino reclamano a gran voce. La legge non ha affatto impedito che si realizzassero casi di abuso terribili in tutti gli ambiti della società, dalla scuola alla Polizia alle associazioni sportive giovanili. La Chiesa non è il problema. Occorre invece realizzare che siamo in situazione di emergenza, tanto la società civile quanto la Chiesa ticinese stessa, occorre guardarsi in faccia e chiedersi perché siamo arrivati fino a questo punto. 

Che i responsabili della Diocesi siamo lontani da una soluzione, oltre al fatto che non si sono assunti alcuna responsabilità pur sapendo fin dal 2021 di questa tristissima vicenda, è documentato dal fatto che non si sono posti neppure alcuna domanda: la pagina di Catholica di domenica ha passato completamente sotto silenzio quello che è avvenuto venerdì e non ha pubblicato neppure il magrissimo comunicato della Curia. Certo, scrivono di aver chiuso l’edizione giovedì mattina, poveretti, non possono venir costretti a fare gli straordinari a ferragosto!Perché si lascia la responsabilità di un giudizio interamente ai media, così ostili nei confronti della Chiesa? Perché altrimenti la responsabilità viene ribaltata sugli organi vaticani? La Diocesi non ha niente da dire? 

Ma più grave ancora è il fatto che la persona che ha denunciato don Rolando Leo sia oggi inserita nell’organico diocesano con compiti di pastorale giovanile. Ma è saggio mettere questa persona, che è passata attraverso una simile vicenda avendo certamente anche una parte attiva in essa (era maggiorenne!), in una posizione di autorità rispetto a dei ragazzi? La si è voluto premiare? Per che cosa? Le vittime di situazioni analoghe a quella giudicata venerdì scorso chiederanno giustizia e troveranno il coraggio di farsi avanti solo se potranno avere la certezza che giustizia possa davvero essere fatta. Non si accontenteranno di un aggiustamento politico-mediatico perché la loro situazione è personale ed esige una giustizia che tenga conto delle loro persone.

Perché il Vescovo Valerio e anche don Rolando Leo sono stati lasciati da soli? E che fine hanno fatto tutti i preti incarcerati, mandati a curarsi, semplicemente scomparsi? Possibile che nella Chiesa ticinese nessuno riesca ad avere uno sguardo diverso da quello che i media ci propongono facendo un rumore assordante?

Senza un Vescovo la Chiesa non si può muovere come invece dovrebbe. Occorre che ci venga dato un Vescovo capace di affrontare questa situazione, che, ripeto, è di emergenza. Se la società civile vorrà collaborare a una soluzione invece di continuare a rincorrere un giustizialismo fanatico, bene. Almeno i cattolici dovrebbero però rendersi conto che la realtà esige da loro oggi una presenza molto, ma molto più incisiva.