DIVENTARE IL PRESENTE (*), di Patrizia Gioia
“la città sarà salva solo se il lupo farà un patto di fraternità con l’altro lupo”.
“C’è un tempo qualitativo che si misura verticalmente lungo l’asse che segna il movimento dell’essere umano dalla sua condizione di bruta forza competitiva alla condizione di centro cosciente degli intrecci cosmici, chiamato a provedere , senza violenza, ma con amore alla piena maturazione della creazione”. (Ernesto Balducci)
Le ultime parole del potente libro su Francesco D’Assisi di padre Ernesto Balducci (Giunti editore, 2004) confermano Francesco come “uomo del futuro”. Oggi, passato del tempo da quelle pagine, mi sento di affermare che Francesco è più che mai ” uomo del Presente”. (Non è certo un caso che nelle vetrine delle librerie siano apparsi diversi libri su Francesco, il marketing la vede lunga anche se non sempre è illuminato).
Nel libro di Balducci la figura di Francesco è proposta come paradigma culturale dell'”uomo inedito” e la sua vicenda è configurata come ” transizione culturale” verso un’umanità ancora da venire, ma la cui realizzazione è possibile, in quanto trascritta nelle stesse potenzialità ontologiche dell’uomo.
Il tempo passa ormai velocissimo, e tutto quello che Balducci allora scrisse, è ora parte drammaticamente viva del nostro tempo che trafigge anche le nostre carni insanguinate e sanguinanti.
Oggi più che mai la voce di quelli che avevamo chiamato “profeti del domani o del dopodomani”, Raimon Panikkar un nome tra i molti, sono ormai davanti ai nostri occhi come: “uomini dell’oggi”. Oggi dove tutto è inestricabilmente interconnesso e vibrante, le loro parole, se ancora inascoltate, porteranno a quello che Panikkar definiva “un aborto cosmico”.
Leggiamo con attenzione, meditiamo su queste due ultime pagine tratte dal libro di Balducci e comportiamoci di conseguenza:
“La storia dà torto ai profeti e, quando sono morti, tenta di reintegrarli in sè, canonizzandoli. Ma i profeti continuano a dar torto alla storia e hanno le prove: solo che quelle prove sono riposte nello scrigno del futuro. E se quello scrigno, almeno in parte si aprisse?
Se cioè quelle leggi dell’esistenza che Ugolino, Elia, Machiavelli, Marx, hanno considerato insuperabili, contro quanto asserivano i ‘profeti disarmati’ si rivelassero non più funzionali all’esistenza dell’uomo o addirittura alla sopravvivenza della specie umana?
Più precisamente e al di fuori di ogni pregiudiziale teologica: se l’attesa di un mondo diverso , che nella lunga stagione del realismo – la stagione in cui la forza ha avuto il ruolo di assegnare, anche sotto forma di legge, il torto o la ragione – veniva derisa come utopia, fosse chiamata, ad alta voce, dalla nuova condizione dell’uomo, perchè cessi di essere semplice attesa e si assuma la responsabilità del futuro? Tutto fa pensare che questa mutazione antropologica sia già cominciata. E’ in forza di questa svolta antropologica , ad esempio, che si sta scoprendo come ciò che i cristiani attribuivano alla novità di vita annunciata da Cristo nel suo Discorso della Montagna, sia del tutto simmetrico alla novità di vita che l’uomo fino ad oggi ha custodito in sè come un presentimento e che oggi tende a dispiegare dinanzi a sè come un progetto.
Francesco – non certo in senso esclusivo, ma in modo eminente – è lo specchio di Cristo e lo specchio dell’uomo, è un modello a cui conducono, mano nella mano, laa fede e la ragione morale riconciliata con la speranza.
Oggi l’uomo sa che non ci sarà salvezza fino a che i minori, i lebbrosi della terra, non siederanno nel convivio comune, fratelli tra fratelli, e lo sa non per una più ricca intuizione morale , ma perchè l’alternativa è, prove alla mano, la morte di tutti.
Oggi la chiesa sa che la saggezza di Elia e di Ugolino non ha più futuro, che il suo compito è di essere una chiesa conviviale, dove nessuno sia superiore di nessuno, dove la qualifica di fraternità abbia la meglio su ogni altra distinzione, anche su quella tra papa, vescovi, preti e laici: la chiesa dovrà essere, nel mondo di tutti, una pacifica galassia di innumerevoli fraternità. Oggi la coscienza comune, ma anche quella addestrata alle analisi, sa che la ragione come facoltà specifica dell’uomo, non è quella istituzionalizzata nella tradizione occidentale al servizio di un progetto di dominio, è la ragione ancora disseminata nelle molte sapienze del genere umano , anche in quelle che non sono in nessun libro. Oggi l’uomo sa che è finita per sempre la civiltà alla cui base era la contrapposizione fra fedele e infedele, tra amico e nemico: la città sarà salva solo se il lupo farà un patto di fraternità con l’altro lupo.
Oggi l’uomo sa che la sua pienezza presuppone la totale emancipazione di quella parte di sè che si chiama donna. E finalmente oggi l’uomo sa che, esposta ormai al rischio della catastrofe estrema, la biosfera non è lo spazio del suo dominio, è l’organismo dentro il quale pulsa la sua vita spirituale. L’amore per l’acqua, il fuoco, il sole, la luna, le piante e gli animali è una condizione del suo amore per sè stesso : se egli è il padrone a cui tutte le creature devono obbedire, è anche il servo che deve obbedire a tutte le creature. Questa reciproca obbedienza trova oggi il suo fondamento scientifico nel rapporto tra energia e vita, come dire tra energia e storia : chiusi come siamo nella legge dell’entropia, sappiamo che l’energia impiegata decade , in parte, nell’inerzia di morte e che dunque la civiltà del consumo accelera la fine della storia.
La povertà di Francesco era anche una forma di amore per le generazioni future, una forma di amore a cui oggi è affidata, con piena nostra consapevolezza, la stessa possibilità che la storia umana prosegua.
Nel tracciare questa nuova immagine dell’uomo che sta drammaticamente districandosi dagli involucri della vecchia immagine, ho tenuto presenti, uno dopo l’altro, i messaggi fondamentali di Francesco di Assisi che ho distintamente analizzato in queste pagine. E nel fare questo ho percepito con forza che la misura del tempo che più si adatta a stabilire le strategie del nostro adempimento non è quella che la cultura occidentale ci ha abituato a scandire orizzontalmente in secoli e millenni.
C’è un tempo qualitativo che si misura verticalmente lungo l’asse che segna il movimento dell’essere umano dalla sua condizione di bruta forza competitiva alla condizione di centro cosciente degli intrecci cosmici, chiamato a provvedere, senza violenza, ma con amore alla piena maturazione della creazione. Secondo questa misura , Francesco non è un uomo del passato, è un uomo del futuro”.
(*) DIVENTARE IL PRESENTE è il titolo di un Convegno organizzato da Patrizia Gioia con Pietro Sergio Mauri e il sostegno della Fondazione Arbor a Milano nel 2008. Hermann Hesse e Raimon Panikkar furono messi a dialogo tra profeti dell’oggi.
Gli Atti del Convegno, a cura di Patrizia Gioia, sono stati pubblicati dalle Edizioni ELR di Jean Olaniszyn, Losone (Cantone Ticino, Svizzera), con il supporto delle Edizioni Severgnini di Milano, 2008.

Nell’ambito del Convegno, la Biblioteca Nazionale Braidense ha collaborato all’iniziativa ospitando in Sala Maria Teresa il 24 novembre 2008, la seconda sessione dal titolo “I molti volti dello stesso volto”. Per l’occasione ha allestito in collaborazione con la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e l’Associazione Amici del Museo Hermann Hesse di Montagnola, per la cura di Jean Olaniszyn, fondatore del museo, una mostra di testimonianze editoriali su Hermann Hesse.
