Il MED 2025 di Napoli è stato annunciato come una grande vetrina del dialogo internazionale: ministri, ambasciatori, analisti e rappresentanti di organismi internazionali si sono alternati sul palco in una tre giorni densa di incontri, panel e dichiarazioni ufficiali. Un evento curato nei minimi dettagli, con un apparato di sicurezza imponente e un’organizzazione impeccabile.
Eppure, dietro la facciata delle conferenze aperte e dei comunicati stampa, si è respirata un’atmosfera ben diversa: più riservata, quasi impenetrabile.
Molti osservatori, tra cui alcuni cronisti di Stilo24 e Ticino Online partecipanti ad un consorzio Italo svizzero di giornalismo investigativo hanno notato come le sessioni più interessanti — quelle dedicate ai dossier strategici sul Mediterraneo e sulla sicurezza — fossero rigorosamente a porte chiuse. Niente accesso per la stampa, nessuna diretta, pochi dettagli filtrati. Una discrezione che ha insospettito. Molti temi, tanti relatori, per avere un commento dall’interno e’ stato chiesto ad un partecipante illustre una testimonianza diretta e a caldo:
Tra gli incontri “off-record” segnalati vi è stato quello tra l’ambasciatrice Caroline Brown, nota per la sua attività diplomatica per il Regno Unito, e il dottor Mario Scaramella, esperto di intelligence. Accanto a loro, altri nomi di rilievo come il Segretario di Stato Vaticano, monsignor Paul Richard Gallagher, e alcuni delegati della Commissione Europea.
Nessun comunicato ufficiale ha menzionato questi colloqui, ma diverse fonti interne confermano che si è discusso di sicurezza marittima e gestione di crisi — temi delicati, che potrebbero ridefinire gli equilibri geopolitici della regione.
Questo clima di riservatezza ha spinto alcuni giornalisti a indagare più a fondo, cercando di comprendere cosa davvero si celasse dietro le quinte della conferenza, cui hanno partecipato ad esempio delegazioni israeliane e palestinesi di alto livello in questo momento delicato del negoziato; il vero esito dei lavori getta uno sguardo inedito su ciò che il pubblico non ha visto né sentito durante il MED 2025.

Intervista a Mario Scaramella: cosa si discute davvero dietro le porte chiuse del MED 2025
Domanda: Dottor Scaramella, lei ha accettato di collaborare con Stilo24 e con il consorzio investigativo italo-svizzero che sta seguendo da vicino il MED 2025. Per iniziare, le chiediamo: molti hanno notato un clima di grande riservatezza intorno agli incontri più tecnici della conferenza. Lei stesso è stato visto in colloquio con l’ambasciatrice Caroline Brown, oggi a capo dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche. Di cosa avete parlato esattamente?
Mario Scaramella: In realtà, nulla di irripetibile. Con l’ambasciatrice Brown abbiamo affrontato un tema che resta fuori dai riflettori ma che è cruciale: dopo il ridimensionamento del conflitto siriano, diversi esperti e materiali collegati ai programmi chimici si sono dispersi verso altre aree instabili, come lo Yemen. È un rischio che preoccupa la comunità internazionale, perché potrebbe alimentare nuove escalation. È stato un confronto velice e tecnico, che possibilmente svilupperemo.
Domanda: E con il Segretario di Stato Vaticano, monsignor Gallagher, avete avuto un colloquio al Palazzo Reale. Ci può raccontare qualcosa di quel passaggio?
Mario Scaramella: Anche in questo caso, parliamo di questioni delicate ma non certo segrete. Con Gallagher abbiamo discusso del ruolo del Vaticano e del neonominato Nunzio Apostolico in Etiopia chevdivra’ occuparsi di alcune aree del Corno d’Africa, in particolare Somalia ed Eritrea. Si è parlato anche di iniziative culturali e religiose — come la conservazione della cattedrale di Mogadiscio — che potrebbero favorire la stabilità e il dialogo interreligioso. È un approccio di “soft diplomacy” che il Vaticano porta avanti in modo discreto ma molto attivo.
Domanda: Torniamo al tema Yemen, che sembra essere stato uno dei dossier più caldi del MED 2025. Può dirci qualcosa di più su quanto è emerso nella sessione a porte chiuse?
Mario Scaramella: Certo sono favorevole a che alcuni temi siano portati al pubblico. L’attenzione dela tavola rotonda sullo Yemen era rivolta soprattutto alla crescente capacità militare degli Houthi, sostenuti dall’Iran, e ai rischi che derivano da un loro eventuale accesso a tecnologie d’arma più sofisticate. È stato un dibattito tecnico, con esperti di sicurezza marittima e analisti, su come queste minacce possano impattare la navigazione nel Mar Rosso e lungo le rotte del gas. Non c’è nulla di segretissimo, ma il confronto e’ stato molto di concreto: il futuro della sicurezza mediterranea passa anche da lì.
Dallo spaccato che emerge grazie alla testimonianza riportata possiamo comprendere che molte e complesse sono le questioni trattate nella tre giorni di conferenza napoletana voluta dal Ministro Tajani e gestita da ISPI, non tutto si e’ potuto riassumere nei comunicati stampa ufficiali per vastita e delicatezza di molti argomenti.

