Fabio Traverso

Quella che vi accingete a leggere si può definire “anti-recensione” ovvero una riflessione su un libro che non ho intenzione di leggere: l’ultima fatica di Marcello Veneziani appena edita da Marsilio e che si intitola , rieccheggiando il passo di una nota canzone “Nietzsche e Marx si davano la mano “.

Con tutto il rispetto, intellettuale e umano, che nutro per Veneziani non leggerò il suo libro perché la mia curiosità intellettuale su queste due figure si è da tempo inaridita : certo si tratta sempre di pensatori imprescindibili per gli addetti ai lavori ma che  ,a che, a mio avviso, hanno ormai poco da dire alla contemporaneità.

Volendo comunque fare una considerazione in merito va ricordato che, al di fuori delle canzonette, Nietzsche e Marx non si diedero mai la mano, né letteralmente né metaforicamente: separati da una generazione (26 anni) i due non ebbero alcun interesse né alcuna simpatia reciproca, sicuramente Nietzsche, forse Marx ebbero contezza dell’opera del deuteragonista senza comunque giudicarlo meritevole nemmeno di critica: se Nietzsche si fosse mai occupato di Marx l’avrebbe stigmatizzato come un esponente della “morale degli schiavi” mentre  quest’ultimo avrebbe giudicato Nietzsche uno Stirner in una versione peggiorata e mentalmente patologica.

Vi è però un elemento che accomuna la loro biografia, ben prima del loro pensiero, quello di essere stati degli sradicati, due uomini che volontariamente recisero quasi ogni rapporto con la loro patria carnale, con la famiglia, con il lavoro, con la morale stessa.

Karl Marx , l’uomo che si fece araldo dei diritti dei lavoratori e dei proletari, in vita sua non ha mai letteralmente lavorato , essendo stati scritti dall’amico Engels gli articoli sul “New York Tribune” unico esempio di “lavoro salariato” per cui l’esule di Treviri venne retribuito.

La stessa amicizia tra i due presenta, aldilà di quanto riferito dall’agiografia marxiana, tratti poco edificanti.Engels aveva, come riconosciuto da molti storici anche marxisti, una capacità di analisi intellettuale superiore a quella di Marx che tuttavia lo considerò sempre un “secondo violino” ed un gregario: come tutti gli egocentrici Marx poteva accettare solo discepoli ma non amicizie alla pari.

Tutta la  vita da esule a Londra di Marx è di fatto trascorsa nelle aule della British Library e nella redazione dei suoi libri, vivendo delle prebende del facoltoso amico, rifiutando ogni eventualità di dover lavorare  e sacrificando il benessere e la felicità individuale della famiglia.

La corrispondenza di Jenny Von Westphalen, aristocratica consorte del fondatore del “socialismo scientifico” , costituisce un’impressionante testimonianza di frustrazioni, disullusioni e speranze infrante di poter uscire dalla propria condizione esistenziale ed economica facendo fare alle figlie dei buoni matrimoni.

In quanto a  Nietzsche questi, divenuto ancor giovane docente universitario per i suoi indubbi talenti di grecista e filologo, trascorse tutta la sua vita accademica in aspettativa retribuita accampando inesistenti malattie, antesignano dell’odierna trista figura del docente assenteista.

Il teorico del superuomo era così impaurito dalla prospettiva di essere coinvolto in eventi bellici da rinunciare alla cittadinanza per evitare il servizio militare, trascorrendo tutta la vita nella condizione giuridica di apolide.

Il misogino che coniò l’aforisma “quando vai da una donna ricordati di portare la frusta” fu lui stesso oggetto delle frustate del gentil sesso: un celebre dagherrotipo lo raffigura insieme all’amico Paul Rèe aggiogato come un asino a un calesse in cui è assisa, brandendo un frustino, la temibile Lou Salomè.

Esuli, apolidi, renitenti alla leva, scrocconi, assenteisti, egoisti, pessimi figli, padri, mariti ,amici la stessa biografia di Nietzsche e Marx prelude al cul de sac del loro pensiero.

L’aver proclamato la morte di Dio (o della patria ) senza prefigurare una realistica alternativa esistenziale ha contribuito non poco ad accrescere il malessere e l’alienazione dell’uomo del futuro che il celebre umorista W.Allen compendia simpaticamente ma efficacemente nella boutade “Dio è morto, Marx e morto e anch’io non mi sento tanto bene”.

In un certo senso la mataforica stretta di mano tra i due vi fu davvero , ma i suoi esiti furono nefasti.