La Francia potrebbe diventare il primo grande Paese europeo a riconoscere Bitcoin come riserva strategica di Stato. La proposta, avanzata da Éric Ciotti (UDR), sta facendo discutere politici ed economisti a livello continentale, perché segna una possibile svolta nella gestione delle riserve nazionali e nel futuro stesso del denaro digitale in Europa.

Il piano prevede l’acquisto di 420.000 Bitcoin nell’arco di otto anni, una quantità pari a circa il 2% dell’offerta mondiale della criptovaluta. Valore stimato: 48 miliardi di euro ai prezzi attuali. L’obiettivo dichiarato è chiaro: rafforzare la sovranità finanziaria della Francia e inserirla tra gli attori globali capaci di guidare l’economia digitale del futuro.

Tra Bitcoin e euro digitale: una battaglia politica e culturale

La proposta si colloca in un contesto geopolitico cruciale. Mentre la Banca Centrale Europea è al lavoro sull’euro digitale (una valuta di Stato centralizzata e programmabile), la linea francese proposta da Ciotti mira a percorrere una strada diversa: un asset decentralizzato, non controllabile da governi o istituzioni bancarie.

Secondo i sostenitori del progetto:

  • Bitcoin rappresenta un “bene rifugio” moderno, simile all’oro ma più adatto al futuro digitale.
  • Possedere una riserva in BTC potrebbe attirare investimenti e innovazione tecnologica in Francia.
  • Contrastarebbe la “vulnerabilità” legata all’eccessiva dipendenza da decisioni e strumenti della BCE.

Dall’altra parte, i critici sottolineano i rischi della volatilità del mercato delle criptovalute e la mancanza di una regolamentazione pienamente matura a livello internazionale.

Implicazioni economiche e strategiche

Se adottata, la misura potrebbe:

✅ Cambiare l’approccio europeo alle criptovalute
✅ Spingere altri Stati a dotarsi di riserve in Bitcoin
✅ Rafforzare la posizione francese nei negoziati sulle valute digitali
✅ Ridurre il divario tecnologico con paesi già pro-crypto come USA, Regno Unito ed El Salvador

Per gli esperti, l’idea non è fantascientifica: negli ultimi anni numerose banche centrali hanno iniziato a studiare o ad accumulare asset digitali per tutelarsi dall’instabilità del dollaro e da nuove potenze emergenti come la Cina.

Ancora lontani dall’approvazione, ma il dibattito è aperto

Il progetto non ha ancora una maggioranza politica e richiederà un ampio consenso in Parlamento e a livello europeo. Ma un dato è evidente: la frattura ideologica è ormai tracciata.

Da un lato chi vuole decentralizzare il denaro,
dall’altro chi vuole digitalizzarlo controllandolo.

Ciotti parla di una “scelta di libertà economica”. I detrattori temono che sia un salto nel buio. Ma la discussione, ormai, è globale: Bitcoin non è più soltanto una tecnologia o un investimento speculativo, bensì un possibile tassello di una nuova geopolitica monetaria.