C’era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe. Egli era integro e retto, temeva Dio e rifuggiva il male. Aveva sette figli e tre figlie, grandi ricchezze e molti servi. Nessuno tra gli uomini d’Oriente era più grande di lui.

Ogni volta che i suoi figli si riunivano per banchettare, Giobbe offriva sacrifici a Dio, dicendo: «Forse i miei figli hanno peccato e hanno maledetto Dio nel loro cuore». Così faceva sempre, con timore e devozione.

Un giorno, i figli di Dio si presentarono davanti al Signore, e anche Satana venne con loro. Il Signore disse a Satana:
«Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Non c’è nessuno come lui sulla terra, integro e retto».
E Satana rispose: «Forse Giobbe teme Dio per nulla? Non hai forse messo un recinto intorno a lui, alla sua casa e a tutto ciò che possiede? Ma stendi la tua mano, tocca ciò che ha, e vedrai se non ti maledirà in faccia».

Il Signore disse a Satana: «Ecco, tutto ciò che possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui».

E Satana uscì dalla presenza del Signore.

Le prove di Giobbe

Un giorno, mentre i figli e le figlie di Giobbe mangiavano e bevevano nella casa del loro fratello maggiore, giunse un messaggero:
«I buoi stavano arando e le asine pascolavano vicino, e i Sabei li hanno portati via; hanno ucciso i servi, e io solo sono fuggito per annunciartelo».
Mentre ancora parlava, ne giunse un altro:
«Il fuoco di Dio è caduto dal cielo, ha consumato le pecore e i servi, e io solo sono fuggito».
Un altro ancora disse:
«I Caldei hanno fatto tre bande, si sono gettati sui cammelli e li hanno portati via, uccidendo i servi».
Infine, un quarto messaggero arrivò:
«I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo nella casa del fratello maggiore; un gran vento venne dal deserto, colpì i quattro angoli della casa, ed essa cadde sui giovani, ed essi morirono».

Allora Giobbe si alzò, si strappò il mantello, si rase il capo, cadde a terra e adorò, dicendo:

«Nudo uscii dal grembo di mia madre,
e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto,
sia benedetto il nome del Signore.»

In tutto questo Giobbe non peccò, né attribuì a Dio alcuna colpa.

La seconda prova

Un altro giorno, Satana si presentò di nuovo davanti al Signore.
Il Signore gli disse: «Hai visto il mio servo Giobbe? Egli è integro, benché tu mi abbia spinto contro di lui senza motivo».
Satana rispose: «Pelle per pelle! L’uomo darà tutto per la sua vita. Ma stendi la tua mano, tocca le sue ossa e la sua carne, e vedrai se non ti maledirà in faccia».
Il Signore disse: «Ecco, egli è in tuo potere, ma risparmia la sua vita».

Così Satana colpì Giobbe con un’ulcera maligna dalla pianta dei piedi alla sommità del capo. Giobbe sedeva sulla cenere e si grattava con un coccio.

Sua moglie gli disse:
«Rimani ancora saldo nella tua integrità? Maledici Dio e muori!»
Ma Giobbe rispose:
«Tu parli come una donna stolta. Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?»

In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.

I dialoghi

Tre amici di Giobbe — Elifaz di Teman, Bildad di Suach e Sofar di Naama — udirono di tutte le sue sventure e vennero a consolarlo. Quando lo videro da lontano, non lo riconobbero; alzarono la voce, piansero, si strapparono le vesti e si sedettero con lui a terra per sette giorni e sette notti, senza dirgli parola, perché vedevano quanto grande fosse il suo dolore.

Poi Giobbe parlò, e maledisse il giorno della sua nascita:

«Perisca il giorno in cui nacqui,
e la notte che disse: “È stato concepito un maschio”.
Perché mi si diede la luce?
Perché mi si lasciò vedere l’affanno?»

I suoi amici risposero ciascuno a turno, sostenendo che la sofferenza è punizione per il peccato; ma Giobbe difese la propria innocenza e gridò a Dio, chiedendo spiegazione.
«Oh, se potessi trovarlo, parlerei con Lui!» diceva.
Ma Dio taceva.

Il giovane Eliu e la voce di Dio

Dopo che gli amici tacquero, parlò Eliu, un giovane saggio, che rimproverò gli uni e l’altro: gli amici per aver accusato ingiustamente, e Giobbe per aver giustificato se stesso più di Dio. Disse:

«Dio è più grande dell’uomo.
Egli parla in molti modi,
anche se l’uomo non vi bada.
La sofferenza può essere ammonimento e purificazione,
perché l’uomo torni alla giustizia.»

Poi il Signore rispose a Giobbe dal turbine, e disse:

«Chi è costui che oscura il mio consiglio con parole senza senno?
Dov’eri tu quando io fondavo la terra?
Hai tu mai ordinato al mattino di sorgere?
Conosci tu le leggi del cielo?
O puoi tu dominare il Leviatàn?»

Allora Giobbe si prostrò e rispose:

«Io so che tu puoi tutto,
e nessun tuo disegno può essere impedito.
Io ti conoscevo solo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono;
perciò mi ricredo e mi pento sulla polvere e sulla cenere.»

La restaurazione

Il Signore si adirò contro gli amici di Giobbe, perché non avevano parlato rettamente di Lui, come Giobbe aveva fatto. Egli ordinò loro di offrire sacrifici e di chiedere a Giobbe di pregare per loro.

Il Signore ascoltò Giobbe, e quando egli ebbe pregato per i suoi amici, Dio gli restituì la prosperità, dandogli il doppio di quanto aveva prima.

Ebbe ancora sette figli e tre figlie, e non vi furono donne più belle nella terra di Uz delle figlie di Giobbe. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centquarant’anni, vide figli e nipoti fino alla quarta generazione.

E morì vecchio e sazio di giorni.