La decisione del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna di rifiutare l’attivazione di un corso riservato a un piccolo gruppo di allievi ufficiali dell’Accademia militare di Modena non è solo sorprendente: è un errore culturale.
Un errore che tradisce la storia dell’Ateneo e, soprattutto, rivela un pregiudizio ingiustificato verso le Forze Armate, accusate – senza fondamento – di voler “militarizzare” l’università.
Eppure, se c’è un campo in cui la filosofia è davvero preziosa, è proprio quello della strategia, della polemologia, della pace e della responsabilità morale in armi.
Filosofia e arte della guerra: una tradizione millenaria
Rifiutare ai futuri ufficiali lo studio filosofico significa ignorare un dato storico evidente:
i più grandi strateghi della storia sono stati uomini di pensiero.
Sun Tzu, nel L’arte della guerra, ha scritto un trattato che è prima di tutto un’opera filosofica: riflessione sull’uomo, sul conflitto, sulla mente e sull’ordine politico. Carl von Clausewitz, nel celebre Vom Kriege, ha concepito la guerra come “continuazione della politica con altri mezzi”: un’analisi filosofica straordinaria sulla natura del potere, del conflitto e della decisione. Tolstoj, Montesquieu, Machiavelli: tutti hanno unito pensiero politico, morale e riflessione sul conflitto.
Un militare colto – e illuminato dalla misericordia cristiana- non è un pericolo.
È, al contrario, la migliore garanzia di equilibrio, prudenza, comprensione dei fenomeni geopolitici e capacità di prevenire la guerra.
Al contrario un militare ignorante o sottomesso a filosofie pericolose ( come il nazismo o i totalitarismi) può creare massacrie campo di cocnentramenti o massacrare gli innocenti per interessi economici.
Un militare sapiente e dotato di fede, invece, opererà sempre per promuovere la pace e risparmiare quante piu vite possibile.
Gli ufficiali devono conoscere la filosofia per capire la morale della loro missione
Un esercito moderno non è forza bruta: è una istituzione democratica che custodisce la sicurezza, la pace, la stabilità interna e internazionale.
Per farlo, gli ufficiali devono essere uomini e donne con una visione morale alta, capaci di:
- distinguere ciò che è lecito da ciò che non lo è;
- conoscere il peso delle proprie azioni;
- valutare le conseguenze etiche delle decisioni operative;
- comprendere l’origine dei conflitti globali;
- dialogare con culture diverse.
La filosofia non militarizza l’università: eleva la cultura delle Forze Armate e le radica nel pensiero critico e nella responsabilità.
Una decisione che rivela un pregiudizio ideologico
L’Università di Bologna, la più antica d’Europa, ha sempre rappresentato un luogo di confronto, apertura e dialogo.
La scelta di oggi, invece, sembra rispondere a una logica di chiusura politica.
Rifiutare un corso di laurea a quindici ufficiali, giustificando il rifiuto con la paura di una presunta “militarizzazione”, significa confondere la formazione umanistica con la propaganda, cedendo alla pressione di minoranze rumorose che continuano a rappresentare le Forze Armate come figure oppressive. Significa anche dimenticare che quei quindici giovani hanno giurato sulla Costituzione e ignorare che quell’uniforme non incarna la guerra, ma la tutela della pace e della sicurezza di tutti – compresi coloro che oggi li contestano.
La filosofia – illuminata dalla carità e dalla sapienza- è una via per la pace, non per la violenza
Gli studiosi di strategia militare lo sanno bene:
più un ufficiale è colto, più è capace di ridurre il ricorso alla forza.
La cultura, la storia, l’etica e la riflessione filosofica:
- non producono soldati ottusi;
- formano menti critiche, capaci di scegliere la strada diplomatica quando possibile;
- preparano alla comprensione del mondo, che oggi è complesso, instabile, interconnesso;
- insegnano a riconoscere i limiti, le responsabilità, la dignità umana.
Chi indossa una divisa non deve essere un esecutore cieco, ma una persona sapiente, consapevole, dotata di senso morale e, possibilmente, illuminato dalla carità cristiana, in modo da limitare quanto piu possibile l’uso della forza.

La filosofia non è un ornamento accademico: è la base di una leadership equilibrata.
Le Forze Armate devono essere un presidio non solo di sicurezza, ma anche di cultura e di umanità. L’Italia ha bisogno di ufficiali preparati, intelligenti, capaci di leggere in profondità i fenomeni geopolitici, economici e antropologici; ha bisogno di comandanti che sappiano prevenire i conflitti invece di alimentarli, che possiedano uno sguardo etico e una visione alta del proprio ruolo. In questo cammino, accanto alla formazione intellettuale, anche la fede – intesa come radicamento spirituale, senso del limite, consapevolezza della dignità umana – può offrire un orientamento prezioso: aiuta a non compiere inutili stragi, a riconoscere la sacralità della vita, a ricordare che la forza deve sempre essere esercitata per proteggere, mai per distruggere.
Per questo escludere i militari dallo studio universitario significa isolarli proprio nel momento in cui avrebbero più bisogno di un confronto critico; significa privarli di una crescita culturale e spirituale che renderebbe migliori non solo loro, ma l’intero Paese; significa spezzare quel dialogo civile tra istituzioni democratiche che è il fondamento stesso della pace.

Il rifiuto dell’Università di Bologna non è solo un episodio accademico.
È il segnale di una cultura che ha paura del confronto, che confonde le divise con la violenza, che non riconosce il valore della formazione umanistica per chi veste l’uniforme.
Eppure è proprio la filosofia che può rendere migliori i nostri ufficiali.
Più saggi.
Più prudenti.
Più umani.
Più capaci di servire la pace.
Chi indossa una divisa, prima ancora di essere un soldato, è un cittadino al servizio del bene comune.
E la filosofia è il terreno dove questo servizio trova il suo significato più profondo.
Liliane Tami