La Facoltà di Teologia di Lugano ha ospitato dal 4 al 6 dicembre 2025 la conferenza internazionale “The American” Eugenio Corecco – Eugenio Corecco “l’americano”.
L’iniziativa si colloca nel quadro delle celebrazioni per il trentesimo anniversario della morte di Eugenio Corecco (1931–1995), teologo, canonista e Vescovo di Lugano, figura centrale nella storia della nostra Facoltà e tra i protagonisti più originali del rinnovamento canonistico del XX secolo.
Chi ha conosciuto Eugenio Corecco lo sa: in lui convivevano il grande canonista, il pastore attento, il maestro innamorato della Chiesa… e un’anima sorprendentemente avventurosa. Ida soldini, nel suo intervento al convegno, ha restituito con affetto e vivacità proprio questo tratto spesso poco ricordato: Corecco l’Americano, l’uomo che vedeva nella vita un orizzonte aperto, vasto, da attraversare con libertà di spirito e gusto per l’umano.
Ida Soldini parte da un dettaglio intimo: la collezione di Western trovata nella casa di famiglia ad Airolo. Non erano spaghetti-western, quelli italiani che romanzano la frontiera: no, Corecco amava gli originali – John Ford, John Wayne, Gary Cooper. Amava il West vero, quello che profuma di distese aperte, di frontiere da sfondare, di comunità da costruire.
Il West, racconta Asoldini, gli parlava perché era la storia di un popolo che inventa sé stesso dal nulla: migranti, pionieri, gente semplice che mette insieme una chiesa, una scuola, un villaggio. Esattamente il mondo che aveva studiato nella sua tesi sulla Chiesa americana.
Per lui, quei film non erano evasione: erano un modo per capire l’energia, la libertà, il realismo con cui i cattolici americani avevano edificato la loro Chiesa. In quelle immagini ritrovava il coraggio di chi inizia, e soprattutto la forza dell’amicizia, principio fondamentale di Tex Willer, altro mito personale di Corecco.

Un vescovo che amava James Bond
Ma la passione pop di Corecco non finiva nel West. Quando uscì in Svizzera La spia che mi amava, Corecco organizzò una vera comitiva di amici per correre a vederlo. E anche da vescovo, racconta Ida Soldini, faceva partire il tam-tam dalla Curia:
“Stasera proiezione!”
E chi poteva, veniva.
Si potrebbe sorridere, ma dietro c’è qualcosa di serio: Corecco non ha mai vissuto separato dal suo popolo. Non era un intellettuale astratto: era un uomo che amava condividere, guardare film con gli altri, ridere, discutere, respirare la vita vera.
Il vescovo delle azioni audaci
Il suo gusto per l’avventura non era solo cinematografico. Corecco faceva cose che oggi definiremmo “fuori protocollo”, ma che rivelavano un cuore totalmente pastorale.
- La messa sul carro merci per gli operai della Monteforno: un gesto potente, popolare, evangelico.
- Il pellegrinaggio ad Ars con decine di sacerdoti ticinesi, appena eletto vescovo.
- L’invito ai parroci a rimettere il loro mandato, per rinsaldare la responsabilità personale verso la missione.
- La visita agli emigrati ticinesi in America, quasi a ricucire il filo genealogico di un popolo in cammino.
Corecco non aveva paura di fare ciò che era necessario, anche se sorprendente.
Il maestro che voleva seminaristi… sugli sci
Forse l’aneddoto più gustoso è quello dei seminaristi.
Corecco li portò in vacanza sulle Alpi e, una volta arrivati, annunciò candidamente:
“Ho prenotato un maestro di sci. Se non imparate a sciare, non vi ordino!”
Era una provocazione affettuosa, certo. Ma dice molto: il sacerdote, per Corecco, non doveva essere un uomo blindato in sagrestia. Doveva conoscere il mondo, respirare la montagna, mettersi alla prova, vivere con gli altri.
Una spiritualità che ama la vita
Quello che emerge dall’intervento di soldini è luminoso: Corecco era un teologo profondissimo, ma mai disincarnato. Amava il bello, amava l’arte, amava il cinema, amava i giovani.
E proprio dai giovani, dice soldini, traeva un’energia inesauribile: perché «i giovani sono il futuro già presente».
In fondo, come i protagonisti dei suoi Western, anche lui credeva che la Chiesa non fosse un museo da conservare, ma una frontiera da costruire insieme, con coraggio, fantasia e libertà.
Corecco l’Americano: più che un titolo, un destino
Chiamarlo l’Americano non significa soltanto ricordare la sua competenza sulla Chiesa statunitense.
Significa riconoscere in lui l’uomo della frontiera, il vescovo che non teme le sfide, il professore che non teme il nuovo, il pastore che non teme il popolo.
Un uomo che vedeva più lontano perché guardava con un cuore libero.
E questo spirito – racconta Soldini – è ancora oggi la migliore eredità per la FTL che ha fondato: una scuola che non ha paura di aprire strade, di mettere insieme tradizione e avventura, pensiero alto e vita quotidiana.
Perché, forse, il vero West di Corecco non erano i film. Era la Chiesa stessa: una terra immensa, da amare e da costruire ogni giorno.…
a cura di Liliane Tami – dagli atti di Ida Soldini