di Tito Tettamanti

Ogni nazione ha un suo carattere, influenzato dal clima, dalla morfologia del territorio, dalla propria storia, dalle diverse religioni e timori nei confronti dell’ignoto e da tutto questo nascono usi e costumi, tradizioni, ricorrenze e orgogli.

Gli USA sono un Paese relativamente recente, la cui storia inizia nel 1776 con la Dichiarazione d’Indipendenza. Sono il frutto dell’invasione di milioni di europei che cercavano di sfuggire alla fame e alla miseria e conquistano un continente poco popolato da degli indigeni che vengono eliminati. Per avere successo necessita mostrare capacità di resistenza, forza, volontà, impegno e attitudine al sacrificio che permette di superare le molte difficoltà. La legge è quella del più forte, di chi spara per primo. Il tutto culmina in un grande successo con inevitabili grandi ombre, più tardi quella dello schiavismo. Il fatto che oggi ancora negli USA diffusa sia la detenzione di armi è inconsciamente una testimonianza del desiderio di indipendenza
personale. Un Paese che apprezza il successo e la relativa forza finanziaria. D’altro canto, anche con i soldi si sono costituiti gli USA. Nel 1803 hanno comperato la Louisiana da Napoleone e più tardi nel 1848 dal Messico, il Texas e gran parte della California,
successivamente l’Alaska. Nella loro politica si incontrano la durezza originale e la prepotenza originata dalla forza. Nota la battuta che i due migliori diplomatici USA sono stati due germanici di origine: Morgenthau e Kissinger. Con dure richieste USA la Svizzera si è dovuta più volte confrontare. Nel dopoguerravi è stato il problema dell’acquisto dell’oro germanico da parte delle banche svizzere durante il conflitto. Si è risolto in modo più che accettabile grazie alla qualità dei nostri diplomatici di allora, uno per tutti Paul Jolles. Non dimentichiamo i dazi e la procedura Antitrust lanciati dagli USA contro l’industria orologiera svizzera negli anni ’50.

La lotta degli USA nei confronti del segreto bancario svizzero in realtà era il desiderio delle
banche e finanza americane, sostenute dal loro Governo, di condizionare la concorrenza delle
banche svizzere.

Il trattamento delle quali da parte del Department of Justice con procedure spesso irrituali,
accordi secretati, multe sproporzionate per presunte violazioni delle leggi fiscali USA, è un altro
episodio che testimonia la durezza degli americani ed il loro disinvolto uso della propria forza.
Che abbiamo constato pure nelle vicende degli averi ebrei, anche se in parte originate dalle
iniziali forme di micragnosità delle nostre banche, terminata con un pagamento tale da superare
le pretese.

Non stupiamoci quindi delle richieste, anche se quelle odierne sono formulate da un aggressivo
uomo d’affari, diventato Presidente degli USA, che non ama certo passare per le vie più
morbide della diplomazia.

Gli USA hanno accumulato un debito sproporzionato (38 trilioni di US$) che li sta soffocando e
Trump vuole mettere a contributo il resto del mondo per farselo pagare.

E in tal caso cosa si fa? Si tratta, cercando di limitare i danni come fatto nel passato. Non vi è
alternativa. Purtroppo questa volta la debolezza svizzera è accentuata dall’impreparazione della
nostra classe politica a trattare per le nuove vie, con le regole e la durezza del mondo degli
affari. L’inesperienza internazionale del nostro Consiglio federale, e la preoccupante latitanza
del Dipartimento degli Esteri, hanno pesantemente indebolito la nostra posizione. In seguito
all’elezione di Trump il 15.11.2024 ho scritto su queste pagine dell’importanza di seguire la
strutturazione della nuova Amministrazione, per individuare le persone chiamate a gestire il
potere. Stabilire, anche sul piano privato, quei rapporti che sono le premesse per poter venir
ascoltati con attenzione per le trattative. Indispensabile e fondamentale l’aggancio con chi
domina il campo delle pubbliche relazioni.

Considerazioni elementari per chi abbia avuto a che fare con il mondo americano.
Altra probabile debolezza nell’ambito dei rapporti si può ipotizzare derivi dall’inclinazione dei
nostri rappresentanti (anche all’ONU che si trova a New York) a giudicare con riserva il
mutamento di potere a Washington. Ci siamo trovati nell’impossibilità di colloquiare
efficacemente, di farci ascoltare.

Fortunatamente in Svizzera abbiamo ancora degli imprenditori di grande successo a livello
mondiale, che operano al di fuori dei lacci e rigidità protocollari dei rapporti fra Stati. A
Washington si sono presentati in virtù delle loro aziende ben dirette e di grande successo e
questo conta con Trump. Grazie anche all’intelligenza dei contatti con la Segretaria di Stato del
Dipartimento dell’economica questi imprenditori hanno ottenuto notevoli progressi, il discorso si
è riaperto in modo cordiale ed ha già avuto qualche risultato.

Non facciamoci illusioni: con Trump gli accordi non sono mai definitivi ma si sono ottenuti
progressi ed il colloquio è aperto. Diversi esponenti della politica, burocrati, dirigenti di
associazioni, che rappresentano i quadri di una Svizzera indebolita, invece di ringraziare si
sentono offesi. Sono l’espressione di quella Svizzera che non conosce e non frequenta il
mondo, anche quello degli affari.