Con una operazione militare su vasta scala denominata “Spring Shield” iniziata domenica, Ankara vuole prendere di mira l’esercito siriano fedele al regime di Bashar al-Assad. La rappresaglia è avvenuta in risposta all’ultimo attacco aereo siriano di giovedì scorso a Idlib nel quale sono stati uccisi 33 soldati turchi e feriti altri 32. Gruppi ribelli e diplomatici siriani hanno affermato che la Russia è stata responsabile del letale attacco aereo alle forze turche.

La Turchia vuole anche bloccare lo slancio di al-Assad che si sta scatenando nella provincia nordoccidentale della Siria considerata l’ultima roccaforte ribelle al suo governo.

Il ministero della Difesa turco, attraverso il suo ministro Hulusi Akar, ha reso pubblici le riprese aeree degli attacchi contro le posizioni delle truppe siriane testimoniando la neutralizzazione di due aerei Sukhoi SU-24, diversi sistemi radar di difesa aerea con diversi depositi di munizioni, 23 carrarmati, 8 elicotteri e l’aeroporto di Nayrab, a ovest della città di Aleppo. Droni e artiglieria pesante hanno colpito oltre 200 obiettivi militari, uccidendo 329 combattenti siriani e dozzine di miliziani alleati, tra cui 14 Hezbollah libanesi e 21 sciiti afgani e pakistani inviati dall’Iran.

L’escalation delle tensioni sta suscitando timori di un conflitto diretto tra la Turchia e il principale alleato militare della Siria, ma Ankara non sta cercando una guerra con la Russia anche se ieri ha dimostrato di poter competere con Mosca con la sua moderna dotazione di tecnologia militare ed essere superiore all’affaticato e obsoleto esercito siriano. “Non abbiamo né l’intenzione né l’idea di affrontare la Russia”, ha dichiarato il ministro della Difesa turca Hulusi Akar, “La nostra unica intenzione è che il regime siriano ponga fine al massacro e quindi fermi la radicalizzazione e la migrazione”, ha aggiunto.

Dopo l’attacco di giovedì scorso, le autorità turche hanno evitato di accusare direttamente la Russia, ma i giornali turchi filogovernativi hanno insistito sul fatto che un attacco del genere non avrebbe potuto essere effettuato senza il consenso di Mosca la quale è stata informata in anticipo della posizione delle truppe turche nel luogo in cui è avvenuto l’attacco. Il Cremlino non nega di aver avuto l’informazione, ma sostiene che le truppe turche non avrebbero dovuto trovarsi nel posto dove l’intelligence russa aveva saputo che i terroristi stavano preparando un attacco contro l’esercito russo. Questo potrebbe voler dire che i russi non vogliono che i soldati turchi vengano dispiegati al di fuori delle aree a loro assegnate. Nelle ultime ore la Russia è stata riluttante a difendere gli interessi siriani. Da parte sua, vorrebbe evitare attriti con Ankara e mantenere allo stesso tempo il controllo dell’attuale regime siriano, ma nonostante gli sforzi delle autorità russe e turche per non accusarsi a vicenda, la fiducia reciproca sembra essere compromessa.

Il 5 marzo si terrà a Mosca un incontro bilaterale tra Mosca e Ankara in cui entrambi le parti discuteranno sul destino di Idlib e si spera in un accordo tra il presidente Putin e il suo omologo Erdogan.

I siriani nel frattempo si stanno ammassando nei punti di ingresso sul confine meridionale della Turchia che sta concedendo aiuto per l’attraversamento del suo territorio a chi vuole recarsi in Europa. Inizialmente i turchi avevano accettato di frenare i rifugiati in cambio di aiuti finanziari, ma Erdogan ha accusato l’Unione europea di non onorare l’accordo e in mancanza di un maggiore sostegno internazionale ha annunciato di non impedire ai rifugiati di tentare di raggiungere l’Europa. La Turchia ospita 3,6 milioni di rifugiati siriani, oltre a quelli provenienti dall’Africa, Asia e Medio Oriente, non può gestire la quantità di persone che fuggono dalla guerra in Siria.

La Grecia ha sospeso qualsiasi domanda di asilo dopo che la Turchia ha aperto le porte ai migranti e sta aumentando al massino il livello di deterrenza ai suoi confini. Alcuni migranti hanno lanciato pietre, barre di metallo e bombole di gas quando sono stati fermati al confine dalla polizia greca che sparava contro di loro gas lacrimogeni allo scopo di disperderli. Il primo ministro Mitsotakis ha invocato una clausola di emergenza per un trattato europeo al fine di garantirne il pieno sostegno ad un’azione comune.

Idlib è l’ultima provincia fuori dal controllo del governo centrale e sta pagando il tributo più pesante rispetto a qualsiasi altro conflitto nella storia recente. Un siriano nascosto con la sua famiglia vicino al confine turco ha detto ad un giornalista: “Nessuno ha più una casa. Bashar al-Assad ha un castello, ma non ha il suo paese”.