di Liliane Tami. Si ringrazia Tiziano Boccaccini

Dopo più di un secolo dalla sua costruzione, il Castello Trefogli — affettuosamente chiamato ul castell dagli abitanti di Torricella — sta tornando a vivere. E lo sta facendo nel segno della natura, della cultura e della continuità famigliare. A prendersi cura oggi di questo angolo unico del Ticino è Michele Trefogli, nipote dell’illustre architetto da cui prende nome la tenuta. Un ritorno alle radici che non è nostalgia, ma progetto concreto e lungimirante.

Costruito nel 1906 dal celebre Michele Trefogli, architetto ticinese di fama internazionale che lavorò anche per la Casa Savoia e per lo Stato peruviano, il castello è oggi un laboratorio vivente di biodiversità e sostenibilità, una finestra aperta sul passato che dialoga con il futuro.

Sotto la guida del nuovo Michele, il castello è diventato una piccola oasi ecologica: il vigneto che circonda la dimora storica è biologico, curato nel rispetto dei ritmi naturali e senza pesticidi chimici. Si produce vino di qualità, espressione autentica del terroir ticinese, e anche miele grazie all’attività di apicoltura integrata nel paesaggio agricolo.

Ma non è tutto: boschi e selve castanili vengono manutenuti con cura e dedizione, si piantano specie arboree rare, e si lavora attivamente per tutelare la biodiversità. Il castello non è più solo un simbolo architettonico, ma un luogo vivo, dove storia, natura e comunità si incontrano.

Marco Antonio Trefogli, il maestro ticinese che dipinse per i Savoia

Nato il 24 luglio 1782 a Torricella-Taverne, Marco Antonio Trefogli fu uno di quei talenti che attraversano la storia lasciando tracce indelebili. Stuccatore, scultore e decoratore, formatosi nella migliore tradizione artigianale del tempo, trovò la sua consacrazione artistica a Torino, dove lavorò sotto la corte dei Savoia, contribuendo alla magnificenza di alcune delle più celebri residenze reali piemontesi.

Fin da giovane, Marco Antonio si trasferì a Torino per imparare il mestiere. Qui divenne allievo e collaboratore di Pelagio Palagi, uno dei massimi decoratori dell’Ottocento. Sotto la sua direzione partecipò ai lavori del Palazzo Reale di Torino, ma anche a quelli delle residenze estive di Racconigi, Stupinigi e Pollenzo: veri e propri gioielli del barocco e del neoclassico italiano.

In questi ambienti sfarzosi, Marco Antonio lasciò la sua firma, con decorazioni che fondevano eleganza e misura, precisione tecnica e sensibilità cromatica. Lavorò anche alla Biblioteca Reale e al prestigioso Teatro Regio di Torino, contribuendo a renderli spazi non solo funzionali, ma visivamente incantevoli, ricchi di dettagli raffinati e atmosfere sognanti.

Nel 1818 Marco Antonio si sposò con Luigia Albertolli, con cui ebbe ben undici figli, molti dei quali proseguirono la vocazione familiare per le arti e le tecniche: tra questi, l’architetto e ingegnere Michele Trefogli, celebre proprio per il “Castello Trefogli” di Torricella, e Bernardo Trefogli, anch’egli pittore.

La vocazione artistica della famiglia non fu un caso: fu Marco Antonio, infatti, a iniziare la decorazione delle stanze di famiglia nel Ticino, affrescandole in stile pompeiano e avviando un’eredità estetica che il figlio Michele avrebbe poi trasformato in un progetto architettonico eclettico e imponente.

Dopo una lunga carriera nelle corti del Piemonte, Marco Antonio Trefogli fece ritorno nella sua terra natale, dove morì il 10 settembre 1854. Ma il suo nome e la sua opera non sono stati dimenticati. Oggi, grazie al riconoscimento cantonale del Castello Trefogli come monumento protetto, la sua memoria viene riscoperta e rivalutata.

L’arte di Marco Antonio era quella del decoro e dell’armonia, capace di sublimare pareti e soffitti in un tempo in cui l’arte era ancora parte integrante dell’architettura e della vita quotidiana.

Michele Trefogli

Michele Trefogli senior, figlio di Marco Antonio e nato nel 1838 fu uno di quei protagonisti dimenticati della grande epopea migratoria e culturale che, nell’Ottocento, vide molti svizzeri lasciare la patria per cercare fortuna e significato altrove. La sua non fu però una semplice fuga: fu un viaggio di creazione, bellezza e visione architettonica che lo portò fino a Lima, in Perù, dove divenne uno dei nomi più stimati del panorama edilizio dell’epoca. I suoi fratelli seguirono la stessa strada: pittori, architetti, mercanti, costruttori. Il giovane Michele, allievo eccellente della Scuola di disegno di Tesserete, vinse un primo premio già nel 1856, a soli 18 anni.

Nel maggio del 1860 partì per il Sudamerica. Trefogli si stabilì a Lima, dove si affermò come architetto di prestigio in un Paese in piena modernizzazione, e dove mise radici: sposò una donna peruviana e fondò una famiglia numerosa.

Nel 1900, ormai maturo e affermato, Michele Trefogli tornò a Torricella. Lì ristrutturò le case di famiglia, impreziosendole con torri neogotiche e neorinascimentali, integrandole armoniosamente con il profilo del paesaggio. Nacque così il suggestivo Castello Trefogli, conosciuto ancora oggi come ul castell. Accanto al cancello d’ingresso, fece erigere anche una cappella votiva dedicata alla Madonna, in segno di gratitudine e devozione.

Nel 1926, dopo altri soggiorni in patria, Michele fece ritorno a Lima, dove si spense nel 1928. Ma la sua eredità sopravvisse. Nel 1927 fondò la prima Fondazione di famiglia Michele Trefogli, affinché i beni di Torricella restassero indivisi, al servizio della memoria e del bene comune. Oggi, grazie all’impegno dei suoi discendenti, in particolare del pronipote che porta il suo stesso nome, il Castello è un monumento protetto e centro di attività ecologiche e culturali.

Nel 2022, con una nuova sentenza del Pretore di Lugano, la vecchia fondazione si è trasformata nella Fondazione Michele Trefogli, proiettata verso una missione culturale e pubblica. E nel 2024, il Consiglio di Stato del Canton Ticino ha finalmente riconosciuto il valore storico e culturale del sito, dichiarandolo monumento cantonale protetto.

Oggi, il giovane Michele Trefogli raccoglie quell’eredità con passione e visione. Il castello è aperto a progetti culturali, visite, attività didattiche e iniziative naturalistiche, ed è oggetto di studi universitari e attenzioni da parte di esperti di restauro e tutela ambientale.

In un tempo in cui il paesaggio è spesso minacciato dal cemento e dall’incuria, il Castello Trefogli diventa un simbolo di rinascita gentile, dove l’uomo non domina la natura, ma la ascolta e la protegge.

Michele Trefogli

Dalla limonaia restaurata al salone settecentesco, dai vigneti curati a mano alle api che impollinano i fiori selvatici, tutto al Castello Trefogli racconta una sola storia: quella di una famiglia che ha saputo trasformare la memoria in progetto, e l’identità in bene comune.

Torricella non custodisce solo un edificio: custodisce una visione, un esempio di come la bellezza, la natura e l’amore per la biodiversità ( con le specie botaniche rare) e la memoria possano convivere, se c’è qualcuno disposto a coltivarle. E oggi, quel qualcuno porta ancora il nome di Michele Trefogli.

Merlot Ticinese del Castello di Torricella

C’è un modo concreto e bellissimo per far dialogare il passato con il futuro: far lavorare i giovani studwnti su ciò che la storia ci ha lasciato. gli studenti della SUPSI di Arti e Mestieri sono protagonisti attivi nel tutelare questo patrimonio storico dalle insidie del tempo.

Impegnati nel restauro degli affreschi, nella cura delle decorazioni storiche e nella ricostruzione di dettagli architettonici pregiati, questi ragazzi stanno restituendo nuova vita a un bene culturale di grande valore, oggi monumento protetto a livello cantonale.

Ma non si tratta solo di un lavoro tecnico: è un gesto di amore verso la propria terra, una presa in carico del patrimonio comune. Lavorare su un edificio come il Castello Trefogli non è solo un esercizio accademico: è un’esperienza formativa profonda, che educa al rispetto della memoria e alla valorizzazione della bellezza.

Per i proprietari e la Fondazione Michele Trefogli, il supporto di questi giovani è preziosissimo: manutenere un bene storico richiede energie, risorse e competenze, e il contributo di chi studia con passione fa davvero la differenza.

Questa sinergia tra scuola e territorio, tra cultura e azione concreta, è un modello virtuoso che andrebbe replicato ovunque: perché quando i giovani toccano con mano la storia, non la studiano soltanto: la custodiscono, la salvano, la prolungano.