L’estate del 1588 non fu un’estate come le altre.
Sul trono d’Inghilterra sedeva Elisabetta I Tudor, la regina dal volto di porcellana e dagli occhi di fuoco. Intorno a lei, il mondo ribolliva di nemici: al di là del mare, Filippo II di Spagna, il monarca più potente d’Europa, aveva deciso che l’ora dell’Inghilterra era giunta.

Aveva radunato la più grande flotta che l’Europa avesse mai visto — centotrenta navi, tremila cannoni, ventimila uomini — e l’aveva battezzata con un nome destinato a incutere timore:
La Invencible Armada.
L’Invincibile Armata.
Ma il mare, si sa, ha le sue simpatie.
E quella volta, soffiava per l’Inghilterra.
Nel porto di Plymouth, mentre gli uomini di Drake si affrettavano a caricare i cannoni, la regina pronunciò parole che sarebbero diventate leggenda:
“So di avere il corpo di una donna debole e fragile,
ma ho il cuore e lo stomaco di un re,
e di un re d’Inghilterra.”
Quelle parole, come vento sulle vele, accesero l’animo dei marinai.
Quando la colossale flotta spagnola apparve all’orizzonte, le acque della Manica si fecero teatro di una danza mortale.
Le navi inglesi, leggere e veloci, colpivano e scomparivano come falchi; quelle spagnole, maestose ma lente, rispondevano con tuoni di ferro che spesso cadevano nel vuoto del mare.
Poi, nella notte tra il 7 e l’8 agosto, Drake decise di sfidare la paura con l’ingegno.
Mandò contro il nemico otto navi incendiate, piccole e silenziose, che scivolarono tra le onde come spettri infuocati.
L’Armada, presa dal panico, ruppe le sue file perfette: l’ordine divenne caos, la forza divenne debolezza.
E quando il sole del mattino si levò su Calais, la “Invincibile” era già sconfitta.
Le restanti navi fuggirono verso nord, braccate dal fuoco inglese e dalla furia del mare. Le tempeste del Mare del Nord completarono ciò che le palle di cannone avevano iniziato: l’Armada fu dispersa, le sue vele bianche ridotte a brandelli.
Elisabetta, dal suo palazzo di Greenwich, osservò il mare in lontananza e sussurrò:
“Dio soffiò, ed essi furono dispersi.”
L’Inghilterra era salva.
Da quel giorno, il regno dell’isola sarebbe durato per secoli sui mari del mondo — e il nome di Elisabetta I sarebbe rimasto scritto tra le stelle dei sovrani che non conobbero paura.