Nel cuore dell’Africa alta e luminosa, dove le montagne sfiorano il cielo e i fiumi si perdono nei deserti, sorgeva un regno antico come il sole.
Là, dove le pietre custodivano la voce dei profeti e gli alberi ricordavano i re, nacque la stirpe di Menelik, figlio di Salomone e della Regina di Saba.
L’Etiopia era il suo nome: terra sacra, terra fiera, il Regno del Leone di Giuda.


I secoli della fede e della spada

Per mille anni il Leone vegliò dall’altopiano, tra monasteri di roccia e campi di grano d’oro.
Gli eserciti islamici lo assediarono, i conquistatori lo sfidarono, ma nessuno lo piegò.
I monaci custodivano la Croce di Lalibela, gli imperatori governavano in nome di Dio, e il popolo pregava il Cristo nero d’Axum.
Così l’Impero visse, sospeso tra la spada e l’incenso, tra la montagna e la leggenda.


Menelik, il vincitore dei bianchi

Poi vennero gli stranieri dal mare — portavano mappe, cannoni e la parola “colonia”.
Molti regni caddero, ma non il Leone.
Nel giorno di Adwa, anno del Signore 1896, il cielo si coprì di polvere e tuoni.
Menelik II, Re dei Re, schierò i suoi guerrieri, e quando il sole tramontò,
le aquile di Roma giacevano a terra.

Il mondo intero udì il ruggito dell’Etiopia: un popolo d’Africa aveva sconfitto l’Europa.


Hailé Selassié, il Leone rinato

Dopo gli anni dei principi e dei Ras, sorse un nuovo astro sul trono di Axum:
Ras Tafari Makonnen, incoronato Hailé Selassié I, Potere della Trinità.
Egli portava nel sangue la stirpe di Salomone e nel cuore la fiamma della modernità.
Fece scrivere una legge, fondò scuole, parlò ai re del mondo, e l’Etiopia entrò nella fratellanza delle nazioni.

Ma da Occidente soffiava un vento oscuro: un uomo in camicia nera sognava un impero di ferro e di sangue.


Il tempo del fuoco

Nel 1935, senza giusto motivo né pietà, le legioni d’Italia attraversarono i confini.
Vennero con gli aerei e le macchine, con il fuoco e con il veleno.
Le montagne divennero nubi di iprite, le chiese furono distrutte, e i contadini caddero pregando.
L’Imperatore, circondato dal fumo della guerra, partì per cercare giustizia tra i popoli del mondo.

Davanti alla Società delle Nazioni, parlò come un profeta:

“Oggi tocca a noi, domani toccherà a voi.”

Ma le nazioni tacquero, e il Leone fu scacciato dal suo trono.


L’esilio e il ritorno

Cinque anni durò la notte.
Ma nel deserto e nelle valli, i figli dell’Etiopia non si piegarono.
Combatterono come ombre, custodendo il nome dell’Imperatore.
E quando la grande guerra scoppiò tra i popoli del Nord, la ruota del destino si volse di nuovo.

Dalle sabbie del Sudan, con le insegne britanniche, tornò Hailé Selassié.
Dietro di lui marciavano i patrioti, avanti a lui la croce d’oro di Axum.
Nel maggio del 1941, Addis Abeba si inginocchiò non davanti al conquistatore, ma al figlio legittimo del Leone di Giuda.


La fine dell’antico Impero

Nel 1943, l’Imperatore sciolse gli antichi feudi e raccolse in sé il potere dei re.
Così morì l’Impero antico e nacque l’Etiopia moderna.
Non più regno di lance e di monaci guerrieri, ma Stato tra gli Stati.
Eppure, nel cuore del popolo, il Leone restò vivo — simbolo di fede, libertà e dignità.


Epilogo

Dicono che nelle notti d’altopiano, quando il vento soffia su Axum, si odano ancora i tamburi di Adwa e le preghiere dei monaci di Lalibela.
Dicono che il Leone dorme, ma non è morto:
aspetta solo l’alba per ruggire di nuovo.

Così finì l’Impero del Leone di Giuda — non sconfitto, ma trasfigurato.