Sono passati più due mesi dalla votazione del 3 marzo

Come da copione, passata la festa e gabbato lo santo, nella migliore tradizione partenopea.

Infatti, sono trascorsi ormai più di due mesi dalla votazione del 3 marzo sugli sgravi fiscali proposti dalla Lega tramite iniziativa popolare. Prima di quella votazione, e tutti se lo ricordano, i partiti storici avevano demonizzato alla grande la proposta leghista, rispolverando il consueto arsenale catastrofista. Lasciare qualche soldo in tasca in più a cittadini ed imprese avrebbe comportato, a sentir loro, lo sfacelo delle finanze pubbliche trasformando il Ticino nella Grecia o giù di lì.

I partiti avevano tuttavia dichiarato di non essere contrari di principio agli sgravi fiscali. Anzi, questi andavano fatti, ma non così come proposto. Il “sì ma non così” è la consueta tattica in seguito alla quale questo Cantone può vantare la poco invidiabile palma d’oro dell’immobilismo – e non solo in campo fiscale. Si bocciano le proposte altrui per non “dargliela vinta” arrampicandosi sui vetri non già per cercare di migliorarle, bensì per affossarle. “Sì ma non così”: cosa però allora si debba fare, non lo dice nessuno, e nessuno lo sa.

In materia di sgravi fiscali, poi, il “Sì ma non così” era una falsità in partenza, dal momento che governo e parlamento non si sono sognati  di presentare un controprogetto alla proposta leghista.

Eppure, fino alla votazione del 3 marzo, tutti i partiti tranne il PS sono andati avanti a sostenere che, certo, il fatto che il Ticino, dopo undici anni trascorsi senza uno straccio di riforma fiscale, sia precipitato sul fondo della classifica della concorrenzialità fiscale è un problema. Certo, una fiscalità attrattiva è parte integrante di qualsiasi programma di rilancio economico. Certo, il carico fiscale gravante sulle persone singole (le cosiddette aliquote B) è iniquo. Tutte queste situazioni vanno corrette, e pure in tempi brevi, ma – e ti pareva! – non come propone l’iniziativa popolare della Lega.

Queste le promesse dei partiti storici, che non sono certo nuove. Infatti le si sentono prima di ogni votazione popolare sugli sgravi fiscali. Votazione popolare, appunto. Occorre raccogliere le firme. Perché la maggioranza politica, per conto suo, la fiscalità più leggera nemmeno la tematizza. Né in governo né in parlamento. Malgrado le promesse di agire. Promesse ripetute prima di ogni votazione popolare, e poi sistematicamente dimenticate. Fino al successivo appuntamento con le urne. Il risultato è lì da vedere: undici anni di immobilismo con conseguente competitività fiscale annullata e rischio concreto di perdere i migliori contribuenti.

Malgrado i proclami fatti il 3 marzo, sono passati più di due mesi, ma di proposte dei partiti storici per alleggerire il carico fiscale gravante sui cittadini ticinesi non se ne vede l’ombra.

Si vede invece altro. Ossia che il PS, ma recentemente a livello nazionale anche il PPD, perorano lo scambio automatico d’informazioni e la fine del segreto bancario. Dov’è il nesso? Facile: tali scenari provocherebbero un danno senza precedenti alla piazza finanziaria ticinese e quindi alle entrate fiscali che da essa derivano. Così facendo, sì che si svuoteranno le casse pubbliche. Senza alcun beneficio. Com’è che nessuno dei fautori del “tassa e spendi” grida allo scandalo?

Lorenzo Quadri, membro del comitato d’iniziativa “Sgravi fiscali, primo atto”