granitoThilo Sarrazin, notissimo ex banchiere centrale e politico socialista tedesco, scrive di una “politica dell’accoglienza irresponsabile” da parte della cancelliera, si lamenta delle conseguenze caotiche subito manifestatesi e constata sconsolato che il ritorno a una politica realista non è in vista. Nel 2015 gli immigrati richiedenti l’asilo in Germania sono stati tra 1,2 e 1,5 mio (i dati ufficiali non sono ancora disponibili, perché un buon numero di fuggiaschi dai paesi in guerra non si sono fatti registrare). Sarrazin si consola con il fatto che gli immigranti non registrati non possono beneficiare dell’abitazione, dell’assicurazione malattia e delle prestazioni in contanti che la legge prevede. Ci si può però registrare anche con documenti falsi o senza documenti, motivando la richiesta d’asilo con argomenti di pura fantasia (n.d.a.: come fa la stragrande maggioranza di pseudodisertori eritrei che cercano accoglienza da noi).

soldatiSono tutti esseri umani che in Germania trovano vitto e alloggio, abiti e coperte, assistenza sanitaria, suscitando così il compiacimento dei vescovi tedeschi, addirittura anche quello del presidente Joachim Gauck e, va da sé, di tutti i buonisti ad oltranza sempre presenti in gran numero in una popolazione europea in via di evidente e innegabile rammollimento.

Buona parte di queste prime prestazioni agli asilanti si fa ad opera di generosi e benemeriti volontari, che vengono poi via via sostituiti dalla folta schiera degli operatori sociali, che dal bisogno di socialità traggono logicamente il sostentamento. Ma per finire, a dover pagare l’affitto per l’abitazione, il vitto, l’abbigliamento, i corsi linguistici, i tentativi di formazione professionale, la scolarizzazione dei figli e l’assistenza sono e saranno, come sempre, i contribuenti.

E sono proprio i contribuenti più deboli che saranno chiamati a maggiormente contribuire, nella misura in cui si troveranno confrontati con un’accanita concorrenza nella ricerca di abitazioni a buon mercato o di posti di lavoro poco qualificati.

Se ancora in anni recenti si poteva calcolare una spesa annua di 6’000 euro per asilante, tenendo conto anche delle spese di formazione, di polizia e di giustizia si può adesso calcolare una spesa di almeno 10’000 euro, annua e per asilante. Per il 2016 sono quindi preventivabili 12 a 15 miliardi, senza tener conto dei probabili ulteriori 1 a 1,5 mio di nuovi “arrivandi” dell’anno in corso. Per non dire del prossimo 2017 e dei futuri anni che sicuramente arriveranno.
Un radicale cambiamento di politica dell’asilo è quindi indispensabile. Per la sua realizzazione mancano solo la capacità di discernimento e la volontà politica di rimediare.

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L’ex presidente socialista Peter Bodenmann è iperconvinto euroturbo da più di 24 anni, a inconfutabile dimostrazione del fatto che i pregiudizi non vengono scalfiti dai fatti. Non perde occasione di proporci le sue strampalate soluzioni dei problemi che angustiano la Svizzera, e lo fa dalla rubrica che detiene da anni sul foglio più di destra che esista nel paese, la “Weltwoche”. Sono sicuro che quest’ultima continua ad ospitarlo perché Bodenmann, albergatore di professione e giornalista per diletto, arguto e sempre ben informato, ignora il significato dell’aggettivo “controproducente”. Se i fatti smentiscono i suoi pregiudizi, per lui sono i fatti ad essere sbagliati.

Autogol-Marcelo-Croacia-anotacion-Mundial_ALDIMA20140612_0036_3Per Bodenmann ha valore di assioma la credenza che la mancata adesione all’UE sia la causa di tutte le nostre magagne. Nella sua rubrica del 14 gennaio constata:

Autogoal 1: la disoccupazione svizzera supera già quella della Baviera e del Baden-Württenberg. Sic et simpliciter. La disoccupazione spagnola o quella italiana per il buon Peter sono insignificanti.

Autogoal 2: il turismo degli acquisti si sta intensificando. Malgrado l’aumento della popolazione la Coop vede diminuire del 5% le sue vendite. Il fatto che la concorrenza tedesca (Lidl e Haldi) sia in progresso è insignificante ai fini della dimostrazione bodenmanniana del fatto che la mancata adesione all’UE è stata, più che un macroscopico errore, un crimine.

Autogoal 3: troppe imprese svizzere perdono soldi producendo merci e servizi. Esportazione e turismo sono in sofferenza. Molti lavoratori e impiegati sono costretti ad ore di lavoro gratuito. Che questo dato di fatto sia da considerare normale per superare momentanee difficoltà (ognuno deve fare la propria parte) non rientra nell’ordine delle idee (pregiudizi) del nostro. Il fatto che una delle massime conquiste del socialismo paneuropeo, la settimana francese delle 35 ore, sempre rifiutata dagli altri stati europei, venga adesso rimessa in discussione anche in Francia, è insignificante.

Autogoal 4: stiamo sprofondando nella recessione, perché a lungo termine le imprese non possono lavorare in perdita, come fanno adesso (vedi autogoal 3). Il fatto che possano invece farlo a breve o medio termine per superare momentanee difficoltà è trascurabile.

Autogoal 5: una perla del pensiero (socialista) dell’albergatore di Briga. La BNS deve stampare, da quando ha abolito il corso minimo a 1,20 tra franco e euro, più franchi di prima. Il fatto che se per mantenere il corso minimo agli attuali 1,08-1,10 si deve stampare più franchi di prima significa obbligatoriamente che per mantenerlo a 1,20 bisogna stampare ancora di più, a 1,30 ancora più, e così via. Se ne dovrebbe dedurre che converrebbe lasciar fare al libero mercato. Invece no, Bodenmann propugna un corso a 1,40, che comporterebbe la necessità di stampare ulteriori migliaia di miliardi (bilioni) di franchi, con il rischio ineludibile di veder definitivamente crollare tutta l’impalcatura economica svizzera. Anche la semplice aritmetica è dunque impotente e insignificante di fronte ai pregiudizi di Bodenmann.

A giustificazione del suo dire Bodenmann adduce il fatto che anche banche centrali di piccole nazioni come la Svezia e la Danimarca hanno introdotto e mantengono un cambio fisso tra le loro rispettive monete e l’euro. Per il politico vallesano il fatto che queste monete non sono sottoposte ad alcuna pressione da parte del libero mercato e quindi, logica conseguenza, quelle banche centrali non devono stampar moneta per mantenere il cambio fisso, è assolutamente insignificante di fronte alla granitica cogenza dei pregiudizi dell’ex presidente nazionale del PS.

Gianfranco Soldati