Un cargo battente bandiera greca catturato sette mesi fa nel golfo di Aden dai pirati somali è stato liberato sabato scorso. Lo ha annunciato la forza navale europea Atalante.
Il cargo aveva a bordo 23 marinai, quasi tutti filippini ed era stato sequestrato il 12 marzo scorso al largo delle coste del sultanato di Oman mentre viaggiava verso l’India.
Non è stato chiarito se per la liberazione sia stato pagato o no un riscatto.

Sono tre anni che la comunità internazionale combatte un’inutile guerra contro i pirati somali, che spostandosi a bordo di barchette e motoscafi scoppiettanti fumo nerastro sequestrano enormi navi cargo e petroliere che transitano nel golfo di Aden, con lo scopo di ottenere riscatti milionari.
Inizialmente i sequestri facevano notizia ma poi, con il passare del tempo anche su questa vicenda era pressochè calato il silenzio.
Un silenzio stampa che non ha impedito alle istanze internazionali di continuare a cercare una soluzione migliore della Task Force internazionale Atalante, che era stata commissionata per impedire i sequesti ma che in realtà si è dimostrata ben poco efficace. A suo tempo in Svizzera era anche infuriata la polemica su un possibile invio, in Atalante, di soldati svizzeri, un invio sul quale il governo federale non sapeva trovare un accordo.

Adesso si parla dell’instaurazione di un tribunale internazionale per giudicare i pirati, un’istanza giuridica proposta dalla Spagna. Venerdì scorso il ministro della difesa spagnolo Carme Chacon era a New York per presentare la proposta al segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon.

La proposta spagnola viene appoggiata dall’Unione Europea e dalla Nato, le due organizzazioni che schierano nell’Oceano Indiano le flotte più importanti tra la ventina di unità navali internazionali anti-pirati che pattugliano il triangolo compreso tra Mombasa, Aden e le isole Seychelles.
Unità navali il cui mantenimento costa quasi un miliardo di euro all’anno ma che non hanno il permesso di far uso della forza e quando intercettano le barche dei pirati non possono arrestarli perché manca “la flagranza di reato”. Si limitano a fermarli, a sequestrare le imbarcazioni e le armi e a farli sbarcare sulla costa somala.
Nel caso in cui invece i pirati vengono fermati “in flagrante reato” sono catturati e consegnati alle autorità della Somalia o del Kenya, che di solito li liberano dopo poche ore, mancando testimoni per un processo. Da qui la proposta spagnola di un tribunale internazionale.

Nell’immagine, l’assalto dei pirati ad un cargo battente bandiera ucraina, nel settembre 2008.