Dovrebbe far arrabbiare molto i nostri esponenti politici (e invece non succede) l’interrogazione posta da due parlamentari a Roma circa la decisione dell’impresa di costruzioni Michele Barra di Ascona di concedere un aumento salariale solo ai collaboratori domiciliati in Svizzera, ritenendo che la perdita di valore dell’euro avesse già oltremodo favorito gli operai frontalieri.
Interpellato dai nostri media, un rappresentante di questi operai avrebbe spiegato che il problema non esiste e che l’iniziativa di questi due politici gli pare totalmente inutile e fuori luogo.

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad atteggiamenti arroganti da parte di rappresentanti politici italiani che vanno contro ogni logica di dialogo; toni discriminanti, tendenziosi e denigranti nei confronti della Svizzera sino a risultare offensivi.
I metodi pacati dei nostri politici sinora non sono serviti a nulla, nemmeno a far togliere la Svizzera dalla lista nera e a facilitare l’interscambio di manodopera, che attualmente funziona bene soltanto per gli italiani che vengono a lavorare da noi, mentre insormontabili ostacoli amministrativi bloccano le ditte svizzere intenzionate a lavorare in Italia.

L’eccessivo indulgere dei nostri politici, il loro tollerare o il loro consueto reagire con toni troppo moderati e di assoluto rispetto non sono mai serviti ad arginare la crescente tracotanza della classe politica italiana, ma sembrano incoraggiarla a studiarle tutte e a ergersi a moralista e paladina della patria, forse per giustificare la passività e l’inerzia che la caratterizzano di fronte alle innumerevoli (nonché urgenti e reali) problematiche che toccano il loro paese.

Non è con questo accanimento contro la Svizzera che l’Italia risolverà i suoi (tanti) problemi. Un accanimento che oltretutto danneggia oltremodo il Ticino e sarebbe davvero ora che i nostri politici se ne rendano conto.

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