L’ex generale Jovan Divjak, protagonista di spicco della resistenza dell’assedio di Sarajevo, è stato arrestato in Austria, dopo che su di lui era stato diramato un mandato di cattura per crimini di guerra da parte del governo di Belgrado. Divjak è stato accusato con altri 19 ufficiali bosniaci di aver attaccato una colonna dell’armata jugoslava a Sarajevo all’inizio della guerra, negli anni ’90. La procura di Sarajevo ha reso noto di aver inviato all’Austria la richiesta di estradizione.
Nell’attacco del maggio del 1992 morirono 42 soldati jugoslavi, 73 rimasero feriti e 215 vennero fatti prigionieri. Al convoglio era stata garantita l’uscita sicura dalla capitale sotto la scorta delle forze delle Nazioni Unite quando venne attaccato dalle truppe musulmano-bosniache.
Da un mese i serbo-bosniaci erano dislocati sui monti sopra Sarajevo, da dove sferravano bombardamenti e attacchi sulla città, facendo migliaia di vittime. Divjac, generale di etnia serba, all’inizio dell’assedio abbandonò l’esercito fedele a Belgrado e si schierò con la popolazione musulmana rimasta assediata in città.
Figura molto popolare a Sarajevo, sostenitore del multiculturalismo e del dialogo tra le etnie, dopo aver lasciato la carriera militare si era dedicato all’aiuto degli orfani di guerra a cui forniva borse di studio attraverso la sua Ong “Education Builds Bosnia”.
A Sarajevo centinaia di persone si sono radunate davanti alle ambasciate austriaca e serba per protestare contro l’arresto dell’ex generale. Il ministero degli Esteri bosniaco ha inviato alla Serbia una nota di protesta, ritenendo che l’arresto è un atto politico per relativizzare le colpe della Serbia nella guerra in Bosnia.
Varie Ong serbe hanno criticato l’arresto di Divjak, affermando che sarebbe più utile e produttivo per Belgrado arrestare Ratko Mladic e Goran Hadzic, gli ultimi due criminali di guerra serbi richiesti dalla giustizia internazionale.