Riferendosi alla speciale sessione parlamentare sulla “migrazione” che si è tenuta negli scorsi giorni a Berna, un editoriale del giornale romando La Tribune de Geneve definisce il PLR un partito che cerca di conciliare capre e cavoli, ossia di mostrarsi intransigente articolando al contempo discorsi di apertura.

Un “giusto ma fermo” che il presidente Fulvio Pelli aveva illustrato al Congresso di febbraio a Zurigo. Pelli, che l’editorialista della Tribune de Geneve definisce “l’abile ticinese” aveva parlato in francese per spiegare l’apertura del partito, i benefici derivanti dall’immigrazione. “Accenti nostalgici alla Jean-Pascal Delamuraz” li definisce la TdG non senza ironia. Poi in tedesco Pelli era passato ad affermare il bisogno di esercitare controlli e limitazioni. “Una parodia di Philip Müller M. 18%” lo definisce il giornale romando. Philip Müller era stato l’ideatore dell’iniziativa “un massimo di 18% di stranieri”, respinta 11 anni fa.

“Il PLR si mostra rigoroso ed intransigente in materia d’immigrazione – si legge ancora nell’articolo – pur sostenendo la libera circolazione delle persone, toccasana per l’economia svizzera. Il partito ha optato per un pragmatismo che la Francia di Nicolas Sarkozy definisce “l’immigration choisie”, ovvero l’immigrazione scelta.
E gli altri partiti cosa dicono? La sinistra urla allo scandalo e alla blocherizzazione del PLR, mentre l’UDC sottolinea con piacere che i liberali-radicali ignorano il 64% della popolazione straniera residente in Svizzera che proviene dagli Stati membri dell’Unione europea e dalla Zona europea di libero scambio e si accontenta di proporre soluzioni parziali.
I liberali-radicali più sfegatati si chiedono se sia ancora possibile essere di destra senza essere duri sulle questioni migratorie. Saranno i risultati delle elezioni federali di ottobre a dire se questo atteggiamento sarà valso il sacrificio di una parte dei valori liberali – conclude l’editoriale – e se quella parte di liberali “gentili” che ancora esiste sta diventando obsoleta.