Offrire agli uomini del Kuwait la possibilità di comperare e tenere in casa schiave sessuali per impedire che suddetti uomini siano tentati dal commettere adulterio.
La proposta non arriva da un comizio maschile di una sperduta regione tribale del paese, bensì da una donna kuwaitiana, Salwa al Mutairi.

La donna, che milita attivamente in politica, coperta dal velo nero d’ordinanza ha letto il suo “editto” in televisione, rendendolo così ufficiale: “Vogliamo proteggere le famiglie dalla piaga dell’adulterio – ha detto – Si tratta di una pratica vantaggiosa che porterebbe tranquillità e stabilità nei nuclei famigliari.”
Le schiave sessuali non dovranno però essere donne del Kuwait, ma – ad esempio – prigioniere di guerra. Ad esempio donne della Cecenia.

L’Islam condanna l’adulterio e anche nel Kuwait le adultere e gli adulteri sono condannati a morte tramite lapidazione o impiccagione.
Invece non condanna le pratiche sessuali di uomini con donne catturate in guerra. Anzi, i sostenitori della proposta di Salwa al Mutairi (che sono tanti, come si può ben immaginare) commentano come nel VII secolo, al tempo della conquista delle terre di Ponente, gli arabi si portassero appresso schiave sessuali catturate durante l’assedio delle città conquistate.