Si apre oggi a Tunisi il processo in contumacia all’ex presidente della Tunisia Zine el Abidine Ben Ali. Per molti osservatori questo processo è unicamente una tappa simbolica della nuova Tunisia, mentre i fattori concreti quali economia e socialità rimangono relegati in secondo piano.
Dato per morto diversi mesi fa e poi resuscitato ma comunque sempre gravemente ammalato, Ben Ali era stato obbligato a lasciare la presidenza della Tunisia lo scorso 14 gennaio e a fuggire in Arabia Saudita. La fine ingloriosa di un regno durato 23 anni.
Molti erano i tunisini che speravano di poter vedere l’ex presidente nell’aula del tribunale, obbligato a rispondere di persona ai 93 capi d’accusa a suo carico. Invece Ben Ali è ben lontano, nella sua villa sulle alture di Djeddah. E’ al riparo, essendo il monarca saudita contrario alla sua estradizione e tutto lascia presagire che questa saga giudiziaria sarà molto mediatica e molto lunga.
Un processo-farsa, come ha dichiarato lo stesso ex presidente tramite il suo avvocato, un procedimento istituito con lo scopo di distogliere l’attenzione dalla situazione critica e stagnante in cui si trova la Tunisia.
Un inutile processo simbolico e sicuramente non una vittoria. Nemmeno la condanna che ne scaturirà avrà molto senso. Sia che si tratti di una condanna a 20 anni di prigione, all’ergastolo o alla pena di morte, tutto rimarrà a livello teorico. Il 74enne Ben Ali non lascerà di certo l’Arabia Saudita per tornare in patria e farsi condannare.
L’opinione è condivisa da molti tunisini, i quali non vedono come questo processo possa essere di una qualche utilità al processo democratico del paese. Senza dimenticare che gli alleati di Ben Ali e i membri del suo governo sono ancora in Tunisia ed hanno ancora un notevole potere, alla luce del sole o dietro le quinte, poco importa. Sono ancora presenti.
Ben Ali se ne è andato da mesi ma nel paese i disordini e le proteste continuano. Tunisi, la capitale, non è una città sicura, soprattutto la notte. I siti turistici di Hammamet, Nabeul, Djerba e Monastir sono vuoti. E’ una ben strana stagione estiva. La scomparsa del turismo occidentale aggrava la piaga della disoccupazione, l’economia è debole, le casse dello Stato sono pressoché vuote ma tutto questo sembra non interessare al governo di transizione, troppo occupato a preparare le prossime scadenze politiche.
Le elezioni legislative erano previste per luglio, poi sono state rinviate ad ottobre, un rinvio che prolunga l’instabilità del governo ad interim che malgrado sia riconosciuto da gran parte delle nazioni estere, è considerato ben poco legittimo da gran parte della popolazione tunisina.