Dopo che i Consiglieri di Stato Gobbi, Borradori e Beltraminelli hanno portato il governo ticinese a decretare il blocco di metà del ristorno all’Italia dell’imposta alla fonte dei frontalieri, dopo che a causa di questa decisione il governo cantonale si è ritrovato “spaccato in due” (una spaccatura che sicuramente non mancherà di ripresentarsi nel corso di questo quadriennio), dopo che il presidente del PLRT Walter Gianora ha tuonato contro l’anomala alleanza di Lega e PPD (l’ha definita “contro natura”, un’espressione che evoca immagini turpi), dopo che diversi parlamentari italiani della regione di confine hanno minacciato “non forti, ma molto forti ritorsioni contro il nostro cantone” ecco che mercoledì il Consiglio federale annuncia di riconoscere l’urgenza della tematica e di aver deciso di “rinegoziare con l’Italia l’attuale accordo sull’imposizione alla fonte dei frontalieri che lavorano in Ticino.”
Alla buon’ora.
Si è dovuta attendere la mossa estrema di tre dei nostri Consiglieri di Stato per dare al governo federale il coraggio di farsi avanti “per risolvere la questione”. Quel che si chiama opportunismo: vai avanti e prendi le botte, che poi arrivo io e sistemo tutto.
Polemiche a parte, dicevamo che il Consiglio federale ha deciso di rinegoziare con l’Italia l’attuale accordo sull’imposizione alla fonte dei frontalieri che lavorano in Ticino. Lo ha comunicato ieri la Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf.
Pur avendo comprensione per la misura attuata da Bellinzona, la responsabile del Dipartimento federale delle Finanze ha sottolineato la necessità di rispettare il trattato vincolante stipulato con l’Italia. Il Consiglio federale cercherà una soluzione simile a quella di altri accordi conclusi più di recente con altri paesi ma per il momento non considera una quota di ristorno inferiore a quella attuale.
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