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Il 20 settembre Standard & Poor’s ha tagliato il rating dell’Italia. Il 5 ottobre Moody’s ha tagliato il rating dell’Italia. E siccome non c’è due senza tre, ecco che anche Fitch Ratings (la terza delle tre terribili agenzie di rating statunitensi) arriva e taglia il rating dell’Italia.
La nota del paese è stata portata da AA- a A+, che significa “qualità media”.

Una solerzia e un agire di concerto che non erano però stati applicati in agosto, quando Standard & Poor’s aveva tagliato il rating degli Stati Uniti, scatenando le ire del governo di Washington e tirandosi addosso un’inchiesta nientemeno che dalla Sec, la Commissione per i titoli e gli scambi. In quell’occasione, Moody’s e Fitch avevano preferito mantenersi prudentemente neutrali.

Era dal 2006 che Fitch non attaccava più l’Italia. Non limitandosi al downgrade, l’agenzia affibbia al paese anche una previsione negativa. Il che significa che un ulteriore declassamento non è da escludere, per la condizione di vulnerabilità dell’Italia di fronte alla gravità della crisi del debito nella Zona euro.

Oltre all’Italia, Fitch ha tagliato anche la nota di Spagna e Portogallo. La Spagna si è vista declassare il rating da AA+ a AA-, che significa ancora “qualità buona” ma ad un solo livello da “qualità media”.
Le previsioni sono definite negative. Il Portogallo si trova invece in zona “spazzatura”. E non semplice spazzatura, ma spazzatura speculativa.