In Siria le forze di sicurezza hanno ucciso, settimana scorsa, Husam al Murra, un siriano di fede cristiana che si era arruolato nell’esercito di liberazione.

La sua morte si inserisce nel quadro della repressione contro i siriani cristiani messa in atto dal regime, scrive il portale web d’informazione JSSNews.com: “Il presidente Assad vede la comunità cristiana come un elemento nemico, perchè la maggior parte dei suoi appartenenti rifiuta di sostenere la violenza del regime, Inoltre, molti cristiani hanno un ruolo determinante negli aiuti e nel soccorso medico ai ribelli che si battono contro il governo.

All’inizio della rivolta, nel marzo 2011, il presidente al Assad aveva obbligato i dirigenti della comunità cristiana in Siria a organizzare eventi pubblici di sostegno al regime. I dirigenti erano stati invitati a proclamare la loro fedeltà al governo e a condannare i ribelli come terroristi al soldo degli Stati Uniti e dei sionisti.
Quando poi le forze del regime hanno intensificato la repressione, la maggior parte dei cristiani si è ribellata e ha iniziato a denunciare le violenze contro la popolazione, in particolare attraverso i social network e Internet.

L’uccisione di Husam al Murra evidenzia la situazione sempre più critica in cui si trova la minoranza cristiana della Siria, che rappresenta meno del 10% della popolazione.
Una minoranza presa tra due fuochi: il presidente al Assad è il persecutore dei cristiani ma al contempo i cristiani temono che caduto lui il potere venga preso dagli islamisti pro-iraniani o pro-sauditi. Il che li obbligherebbe a cercare rifugio fuori dal paese.
Al Murra non è stato il primo cristiano a essere stato ucciso dall’inizio della rivolta. Nelle ultime settimane ne sono morti molti, in diverse città del paese. Una delle vittime era un prete nella città di Hama, ucciso mentre cercava di fornire aiuto, cibo e medicine ai ribelli feriti.
Le forze di sicurezza hanno iniziato a prendere di mira le chiese, i monasteri e le scuole cristiane, con il pretesto che vengono usate per nascondere i ribelli e le loro armi.
Per paura di rappresaglie, la domenica quasi più nessuno va a messa e diverse scuole sono state chiuse, l’unica maniera per garantire la sicurezza degli allievi.
Stando a “Porte aperte”, un’organizzazione internazionale di sostegno alle comunità cristiane che vivono in contesti difficili, l’80% dei cristiani che abitava a Homs ha lasciato la città, A Homs da mesi si concentrano i più violenti combattimenti tra le forze lealiste e i ribelli.”