Sul fronte delle persone in assistenza, qualcosa sta cambiando;
purtroppo in negativo. A Lugano il loro numero aumenta. E’
illusorio immaginare che la situazione della “city” rappresenti
un caso isolato e non rispecchi, invece, quel che accade a livello
cantonale.


Il numero dei casi d’assistenza aperti ha subito un’impennata negli
scorsi mesi. Abituati a navigare, negli ultimi anni, su una media
tra i 750 e gli 800 casi, a fine 2011 a Lugano si era superata la
quota mille. E l’ultimo dato, di questi giorni, parla di 1150 casi
aperti.

Se le persone in assistenza aumentano, i motivi possono essere
due. O crescono i nuovi casi, o diminuiscono i casi chiusi, ossia
le persone che non sono più a beneficio dell’assistenza. Il che
ancora non vuole per forza dire che queste persone si siano
rese economicamente indipendenti. Una parte di esse potrebbe
semplicemente essere finita a carico di altri aiuti sociali; ad
esempio l’invalidità.

In concreto a Lugano si osservano entrambi i fenomeni, con
particolare incidenza del secondo: chi entra in assistenza fa
sempre più fatica ad uscirne, ciò che suggerisce un mercato del
lavoro grippato. Ad esempio: se nel primo trimestre 2011 si sono
chiusi 73 casi d’assistenza, nello stesso periodo di quest’anno
erano solo 51, ovvero la cifra più bassa del quadriennio.
E’ evidente che l’aumento esponenziale del numero dei frontalieri
in settori professionali in cui non c’è certamente carenza di
forza lavoro residente gioca la sua parte, non di poco conto, nei
problemi occupazionali del Cantone.

Notizie poco entusiasmanti giungono anche dal fronte dell’età
delle “new entry” in assistenza. Infatti, tra le 420 nuove domande
presentate a Lugano nel corso dell’anno 2011, la fascia d’età
più rappresentata è quella dai 21 ai 25 anni, con 69 casi.

In precedenza non era così. Se a queste 69 domande si aggiungono
quelle inoltrate da persone di età compresa tra i 26 ed i 30 anni,
che sono 40, arriviamo a 109 nuove richieste di assistenza presentate
da persone tra i 21 e i 30 anni. Traduzione: sempre più giovani
non riescono ad entrare nel mondo del lavoro.

C’è poi un altro elemento di cui bisogna tenere conto. La
città di Lugano da tempo compie un grande sforzo sul piano
dell’inserimento professionale, mettendo a disposizione oltre
200 programmi di lavoro. Senza di essi, le persone in assistenza
sarebbero ancora più numerose.

Senza voler fare del catastrofismo, appare chiaro che compito
dell’ente pubblico è impegnarsi per alleviare questa spiacevole
situazione; pur nella consapevolezza di non disporre, purtroppo,
della bacchetta magica.

In primo luogo, sarebbe buona cosa che il Consiglio comunale
approvasse in tempi brevi il secondo credito quadro anticrisi (il
messaggio è stato licenziato ormai da mesi).

Al di là di questo, è importante 1) conoscere meglio i motivi che
portano un numero crescente di persone a finire a carico dello
Stato sociale; 2) intensificare i contatti con i datori di lavori
presenti sul territorio; 3) creare una rete di domanda ed offerta;
questo tanto per citare alcuni semplici esempi. A Lugano si fa
già parecchio. Ma le cifre dicono che bisogna fare ancora di
più. Non è né semplice né scontato: la città si sta attrezzando.
Con l’obiettivo non già di limitarsi ad accrescere le conoscenze
teoriche o statistiche sul fenomeno dell’assistenza, per quanto
queste ultime costituiscano la base di partenza, ma di fornire degli
strumenti operativi e delle risposte concrete.

Lorenzo Quadri, municipale di Lugano