Nella oramai trentennale esperienza di avvocato mi sono confrontato troppe volte con norme (legali o giurisprudenziali) partorite da menti accademiche, senza che vi sia stata la necessaria attenzione alla realtà quotidiana. La questione delle residenze secondarie, scatenata dalla recente risicata accettazione in votazione popolare dell’11 marzo, ne è un esempio.
Innanzitutto gli stessi rappresentanti del Dipartimento federale hanno sottovalutato il problema, sicuri che l’iniziativa non avrebbe avuto successo. Questa convinzione, ammessa dall’on. Leuthard, ha impedito l’approfondimento che si imponeva.
Il Consiglio federale avrebbe dovuto preparare un controprogetto che tenesse conto (ovviamente) di tutti gli interessi in gioco. Ma prima di ciò, l’iniziativa non avrebbe dovuto essere ammessa così come proposta, in quanto si trova in contrasto con almeno tre princípi fondamentali del nostro ordinamento: la proprietà privata, il federalismo e l’autonomia dei Cantoni.
Se il primo è garantito dalla Costituzione federale (art. 26) nei limiti delle leggi promulgate in funzione delle varie esigenze (come ad esempio dai piani regolatori), il federalismo (art. 3) e l’autonomia dei Cantoni (art. 47) rappresentano i cardini di una Nazione che si è formata gradatamente nel corso dei secoli sul rispetto delle diversità.
Il limite del 20% per le residenze secondarie in tutta la Svizzera non tiene minimamente conto delle esigenze di Cantoni che vivono anche di turismo e dei relativi indotti e quindi pure di residenze secondarie.
Immaginiamo se a Zurigo fosse lanciata un iniziativa per decretare il tedesco quale unica lingua nazionale (modificando l’art. 4). Oltre a gridare allo scandalo è pacifico che una proposta del genere non sarebbe nemmeno posta in votazione poiché contraria al nostro federalismo.
Non capisco poi il perché della fretta del Consiglio federale, che voleva addirittura imporre da subito il divieto senza una chiara e necessaria legge di applicazione di questo limite, quando l’art. 197 n. 8 delle Disposizioni transitorie (proposto con l’iniziativa) prevede al cpv. 1 che “se la pertinente legislazione non entra in vigore entro due anni dall’accettazione dell’articolo 75a, il Consiglio federale emana mediante ordinanza le necessarie disposizioni d’esecuzione” e al cpv. 2 che “i permessi di costruzione emanati l’anno che segue l’accettazione sono nulli”.
Inoltre va osservato che un altro principio accettato in votazione popolare (l’espulsione degli stranieri che delinquono gravemente) è pacificamente in letargo. È forse meglio colpire prima l’economia dei Cantoni a vocazione turistica che allontanare chi compie crimini inaccettabili?
Ora, ritenuto che gli stessi esponenti dei gruppi ecologisti, pure sorpresi dell’esito della votazione, si sono posti su un piano di mediazione (proponendo di definire innanzitutto cosa si intenda per residenze secondarie) e che il Gran Consiglio ha approvato il 7 maggio scorso una risoluzione per proporre di escludere i rustici dal concetto di residenze secondarie, mi auguro che il gruppo di menti al lavoro dapprima e l’Assemblea federale poi sappiano compiere il lavoro che non è stato eseguito dagli apprendisti stregoni.
Per concludere mi permetto di dare qualche suggerimento semplice per arginare le conseguenze di questo dictat. Ecco alcune proposte:
– escludere dalle residenze secondarie non solo i rustici, ma anche le abitazioni ereditate, essendo impensabile che i figli vendano la casa paterna non potendo (o non volendo) stabilirvisi;
– escludere pure quelle case o appartamenti utilizzati dai proprietari di una residenza primaria in Svizzera;
– escludere gli appartamenti che vengono usati per un tempo minimo (ad esempio tre mesi);
– prevedere, con un po’ di sapiente coraggio, la deroga al limite del 20% per i Cantoni e/o i Comuni dichiarati a prevalente vocazione turistica (stilando una lista), di modo da far collimare l’accettata iniziativa con un federalismo sacrosanto ma sempre più bistrattato.
Rossano Guggiari
Avvocato e Consigliere comunale PLR ad Agno
Pubblicato il 9 maggio sul Corriere del Ticino. Per gentile concessione dell’autore