Mentre nel Parlamento cantonale si disquisisce di satira, si satireggia e ci si diletta in duelli verbali sui comportamenti etici, le sfide per questo Cantone si fanno più acute e dovrebbero rappresentare una priorità per tutte le forze politiche.

Giovedì 24 maggio prenderanno avvio fra Italia e Svizzera le difficili trattative sui dossier fiscali. Qui, la posta in gioco è elevata e le conseguenze degli eventuali accordi saranno rilevanti per l’economia del nostro Cantone e per la sua piazza finanziaria, che dà lavoro a migliaia di persone e genera importanti gettiti fiscali. Come molti osservatori hanno sottolineato, la proposta del modello Rubik potrebbe diventare un boomerang per il Ticino, se le aliquote dell’imposta liberatoria risulteranno elevate. È improbabile, conoscendo l’approccio delle autorità italiane, che già in giugno si giunga alla conclusione delle trattative e allora sarà importante la reazione del governo cantonale in merito al ristorno sulle imposte dei frontalieri e alle famigerate “black list”, dopo l’atto di fede che ha recentemente fatto, sbloccando i ristorni senza contropartita.

Sul piano interno, le condizioni quadro del Ticino stanno intanto perdendo attrattiva. Mentre altri Cantoni hanno da tempo dato avvio ad una politica fiscale incentivante per le persone fisiche e per le aziende, mettendo in atto riforme fiscali degne di questo nome, noi siamo pericolosamente fermi al palo e lo siamo da ormai 10 anni. Un’assurdità!

Per non parlare di certi squilibri sul mercato del lavoro o di problemi come quelli legati alle aperture dei negozi e alla paventata chiusura del Gottardo, in un Cantone turistico e di transito, dove certe diatribe continuano ad avere il sopravvento sulle prospettive future di importanti settori economici del paese.

Il grande benessere di cui godiamo ancora non è garantito all’infinito e allora sarebbe il caso di guardare avanti, cercando di uscire dalle secche in cui ci troviamo. Invece, che cosa succede a Bellinzona? Travolti da un’incontenibile passione, politici e parlamento battagliano su questioni pretestuose.

È bastata una brutta frase nei confronti di un intellettuale ed ecco che, apriti cielo, gli indignati locali si sono rimessi in marcia. Il governo ha persino ritenuto di dover intervenire ufficialmente su una questione privata ( e non mi risulta sia mai successo), sostenendo una sorta di morale pubblica, che non gli compete.

Al di là della faccenda, è però sintomatico che una parte politica – socialisti e diversi radicali – abbia nuovamente voluto far credere di essere la depositaria dell’etica per tentare di delegittimare l’avversario (si veda la nomina del presidente del Gran Consiglio). Perché, non ci vuole mica molto a capire che la manovra rientra nella battaglia susseguente ai cambiamenti negli equilibri politici dell’aprile 2011. Quando, in passato, ad essere investiti da vagonate di fango mediatico furono politici di aree e correnti diverse da quella degli indignati nostrani, ci fu un silenzio tombale e addirittura qualcuno di loro partecipò alla persecuzione. Più recentemente, gli infamanti attacchi sul piano privato ad alcuni esponenti e candidati politici non hanno indotto i soliti firmatari dei reiterati appelli etici a gorgheggiare neppure un cip (qualcuno di loro era addirittura fra gli autori degli attacchi-spazzatura, altro che etica!). Già, due pesi e due misure, l’indignazione viaggia a targhe alterne, a seconda del nemico politico da abbattere.

Di tutte queste cose ne abbiamo abbastanza e allora, signori politici, occupatevi delle priorità!

Iris Canonica
già deputata in Gran Consiglio