Note a braccio su un nuovo caso di satira nostrana

Gli amici si vedono nel bisogno e la signora Pesenti di amici che contano ne ha parecchi. Quello che si è mosso per primo è il Corriere del Ticino che si è sentito in dovere di condannare senza appello i giovanotti del Diavolo, nell’occasione accomunati alla Lega, per recidività nelle porcherie politiche. Tutto prevedibile, ci mancherebbe, il diavolo non si accoppia con l’acqua santa e la sede di Muzzano del giornalone luganese non manca certo di generose quantità di liquido santificato.

A cascata arriveranno anche le altre condanne per “l’inqualificabile gesto”. Provo a immaginare una possibile classifica. Gli altri due quotidiani cantonali, le segreterie di partito nazionaldemocratiche, buona parte dei volantoni delle formazioni in lizza per le imminenti elezioni comunali a Lugano e il suo partito, quello socialista.

Gesto obbligato quello socialdemocratico, dopo tutta la cagnara che hanno messo in piedi per le battutacce del Mattino. Se fossi la signora Pesenti però non farei troppo caso alla difesa d’ufficio dei suoi correligionari e non solo perché, anche da loro, si può trovare acqua santa in quantità industriale. No! La presa di distanza dagli innominabili di Robasacco, per i notabili socialisti, ha un altro scopo. Ricordate i baci fraterni che i dirigenti sovietici riservavano ai loro alleati dell’est europeo in occasione dei vertici del Patto di Varsavia, prima di scaricarli per opportunità strategiche interne o esterne?

Bene; nel nostro caso la difesa fa da apripista alla buonuscita che avverrà in tempi meno sospetti degli attuali e, ovvio, di comune accordo assieme ai ringraziamenti per l’ottimo lavoro svolto nel partito. Le scelte professionali della signora stonano con la presunta immagine “alternativa” dei socialdemocratici; non possono perdere anche quella dopo aver perso per strada quasi tutto, dal 1989.

Per una volta il Diavolo ha messo tutti d’accordo: Il PS lascia andare un po’ di rosa, la Pesenti può definirsi finalmente liberal e il Mattino continuare la sua battaglia per un “Belticino”.

Carlo Curti, Lugano