Al culmine della campagna pro/contro l’iniziativa “Stop all’immigrazione di massa”, mentre impazzano i sondaggi, torna su Ticinolive il dottor Alberto Siccardi, titolare della Medacta di Castel san Pietro, un’importante azienda che opera nel settore farmaceutico e ortopedico. Le acute risposte di Siccardi colpiscono e piacciono sin dall’inizio, quando rapidamente si smarca dalla sua “associazione di categoria”…
Un’intervista di Francesco De Maria.
Francesco De Maria I suoi colleghi imprenditori sono, per la maggior parte, fortemente contrari a qualsiasi limitazione dell’immigrazione. Lei la pensa diversamente?
Alberto Siccardi Gli imprenditori non devono essere confusi con le loro associazioni di categoria, le quali “per definizione” si schierano con gli europeisti. Il mio pensiero è semplice e credo coerente. Dobbiamo difendere la qualità di vita della Svizzera mantenendoci aperte le porte ad una immigrazione controllata che soddisfi le esigenze dell’industria, evitando accuratamente di far mancare il lavoro agli svizzeri quando questi fossero adatti alle occasioni di lavoro che si presentano.
Da un punto di vista strettamente industriale, un SÌ all’iniziativa UDC avrebbe conseguenze catastrofiche?
AS Se i contingenti sono gestiti correttamente e collegati all’obbligo per un’impresa di dare la precedenza ai candidati svizzeri, l’industria svizzera non dovrebbe soffrirne. Se poi qualche obbligo burocratico in più e qualche controllo fossero necessari, gli svizzeri sarebbero lieti di affrontarli, visto che la posta in gioco è molto alta. La Svizzera non può confondersi con l’Europa che ha dato pessima prova di sé.
C’è un fatto che colpisce: questa iniziativa sembra essere avversata sia dai sindacati sia dai “padroni”…
AS Non mi sento di esprimermi obiettivamente sull’atteggiamento dei sindacati che hanno obiettivi propri e per me difficili da capire, visto che si tratta di difendere gli interessi dei lavoratori svizzeri. Come dicevo invece, i padroni si dividono in favorevoli e contrari e su questo ho già espresso il mio parere rispondendo alla prima domanda.
Il nostro rapporto con l’Italia è diventato sempre più difficile. Che cosa si potrebbe fare per migliorarlo?
AS Il rapporto con l’Italia non ci deve vedere arrendevoli, dobbiamo difendere la nostra sovranità ma capire anche l’impossibilità di utilizzare le nostre banche per danneggiare il fisco italiano. Se poi l’Italia decidesse di aumentare le tasse ai frontalieri, farebbe un grosso danno alla Svizzera, ma questi sono problemi più grossi di me.
Lei è un imprenditore italiano che opera da molti anni nel Ticino. Non ha nostalgia del tempo (non troppo lontano) in cui si scriveva “la Repubblica vicina ed amica”…?
AS La Repubblica Italiana non è più amica di nessuno, in particolare degli stessi suoi cittadini. È talmente mal gestita all’interno che molti problemi si ripercuotono nelle sue relazioni esterne. Si ha a che fare con un malato grave e bisogna cercare di evitare tutti gli svantaggi correlati. Ho nostalgia di quando l’Italia andava bene, certamente, ma anche qui c’è poco che si possa fare.
Da noi, si sa, i costi sono alti. Ma ci sono delle ragioni per le quali un imprenditore può scegliere di operare in Svizzera. È così? E quali sono?
AS I maggiori costi dell’industria svizzera sono in effetti compensati largamente dai vantaggi. Questi vantaggi sono:
1. l’inesistente conflittualità sindacale
2. la burocrazia snella
3. la serietà dei lavoratori impiegati
4. il marchio svizzero
5. la bassa tassazione
Il dumping salariale è considerato da tutti una vera calamità. Anche lei la pensa così? Con quali mezzi può essere combattuto e, possibilmente, sconfitto?
AS Il dumping salariale va combattuto con delle leggi dello Stato e non deve essere confuso, come sembra vogliano fare i sindacati, con i contratti collettivi. I salari minimi devono essere imposti dalla legge ed eventualmente adottati gradualmente dalle aziende interessate. Si rischia di fare delocalizzare alcune imprese, ma questo è lo scotto da pagare. Nessuno si è mai chiesto come mai la vita in Svizzera costa più cara? Questo è uno dei temi da affrontare, ma non è la sede.
Chi frequenta il web (e non solo) incontra una quantità di gente che soffre, addirittura disperata. Giovani, specialmente, che non hanno lavoro. La nostra struttura economica sta cadendo a pezzi? Ci attende la povertà?
AS Se non sapremo cambiare il trend dell’aumento della spesa pubblica saremo nelle stesse condizioni dell’Italia nel giro di 10 anni. Ogni risorsa sottratta al mercato attraverso la tassazione ci avvicina alla crisi, crisi che tocca ormai anche la Francia, oltre a Spagna, Portogallo, Grecia. La Svizzera deve fare molta attenzione. Lo strumento della democrazia diretta verrebbe meno se andassimo in Europa e con essa verrebbe meno lo strumento fondamentale che il cittadino ha per controllare l’operato dei governanti.
Conosciamo la panacea della sinistra: il salario minimo di 4000 franchi. È una rivendicazione sensata?
AS Il salario minimo di 4000 franchi ha il difetto di essere troppo alto e di essere stato proposto dalla parte sbagliata, ha valore politico. Il salario minimo deve essere stabilito con cognizione di causa, per legge e per settori imprenditoriali.
Se fosse introdotto per legge, la Sua azienda si troverebbe in difficoltà?
AS La mia azienda non si troverebbe in difficoltà, ma molte altre certamente si.
Il salario minimo a 4000 ridarebbe il lavoro ai Ticinesi, almeno in parte?
AS Il salario minimo a 4000 franchi non ridarebbe il lavoro ai ticinesi. Per ridare lavoro ai ticinesi occorrono secondo me due cose: gestire la disoccupazione con severità, prendendo ad esempio il Canton Grigioni, e non accettare disoccupati che hanno rifiutato posti di lavoro offerti.
A parità di ruoli i ticinesi e i residenti dovrebbero essere scelti obbligatoriamente.
La previsione. Tutti mi dicono che è una cattiva domanda ma io la faccio lo stesso. L’iniziativa UDC passerà nel Ticino? E in tutta la Svizzera?
AS L’iniziativa UDC passerà in Ticino, in tutta la Svizzera potrebbe perdere ma di poco.
Per concludere, quale sarà il suo voto?
AS Io ho votato si all’iniziativa.
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