Votare a favore del salario minimo rischia di tramutarsi in un terribile autogol per noi giovani, ecco perché.

Partiamo da alcuni dati: in totale, nel 2010, ca. 330‘000 persone percepivano uno stipendio inferiore a quello proposto nell’iniziativa sul salario minimo, il che equivale all’8.2% del totale. Questa cifra, che sembra ragguardevole, va tuttavia relativizzata: di questi 330’000, circa 110’000 sono posti di lavoro a tempo parziale con un’occupazione inferiore al 50%. Inoltre, l’80% dei lavoratori con uno stipendio basso erano impiegati da meno di due anni, indicazione del fatto che spesso un salario basso è un fenomeno che caratterizza l’inizio del rapporto di lavoro. È poi un dato di fatto che i giovani sono particolarmente toccati dal fenomeno dei salari bassi e, di conseguenza, dall’iniziativa sul salario minimo (il 23% dei giovani sotto i 25 anni percepiva meno di CHF 22.- lordi all’ora nel 2010).

Come giovane penso che, all’inizio della carriera lavorativa, l’importante sia anzitutto riuscire ad entrare nel mercato del lavoro. Il primo stipendio importa solo relativamente. Molto più importante è invece la possibilità di fare esperienza e iniziare a crearsi una rete di conoscenze professionali che sarà utile in futuro. Il salario minimo, invece (per dirla con le parole del premio Nobel Milton Friedman), non è altro che una norma che rende illegale impiegare persone la cui abilità non giustifica (ancora) il livello salariale minimo, in questo caso CHF 22.- all’ora (il più alto del mondo!). Poiché uno stipendio minimo così alto tende ad aumentare di molto i costi di un’impresa, per aumentare la produttività l’impresa dovrà licenziare (o evitare di assumere) proprio quelle persone che si vorrebbe aiutare con il salario minimo, ossia chi ha una produttività inferiore, ossia i giovani alle prime esperienze. In altri casi è verosimile pensare che l’impresa preferirà personale con più esperienza ad un giovane alle prime armi. In altri ancora, un’impresa potrebbe non impiegare un apprendista appena formato, per assumere nuovamente un apprendista.

È chiaro quindi che il salario minimo condannerà molti giovani all’esclusione dal mercato del lavoro, con costi enormi, sia dal lato umano, che da quello sociale. Non a caso, la maggior parte dei paesi che hanno introdotto o introdurranno un salario minimo (tra i quali la spesso citata Germania), esclude i giovani dal campo di applicazione del salario minimo.

Ma c’è dell’altro: i giovani tra i 20 e i 29 anni nel 2010 in Ticino avevano un salario mediano di 4’194.- mensili. È quindi evidente che alcuni giovani potranno avere la tentazione di rinunciare ad intraprendere una formazione con l’illusione dei soldi facili, visto che la prospettiva di effettuare, ad esempio, un apprendistato, non implicherà più uno stipendio superiore. Non a caso altri paesi con differenze lievi tra personale formato e non formato conoscono una percentuale molto importante di personale non formato (la Svezia, ad esempio, conta il 25%, contro il 5% della Svizzera). In un paese come il nostro, dove la materia prima più importante è quella grigia, non possiamo permetterci di porre degli incentivi così sbagliati.

Come giovane non posso quindi che votare no ad un salario minimo dalle conseguenze nefaste.

L’altro punto che mi preme fare è che con l’iniziativa si vuole combattere un problema ingigantito ad arte con un rimedio che è peggio del male: i dati dimostrano infatti anzitutto che la povertà in Svizzera è in costante diminuzione. Ho avuto occasione di visitare numerose città americane dove la vista di senza tetto è una costante e sono fiero di vivere in un paese dove un alloggio adeguato, l’accesso a cure mediche e alla formazione scolastica e persino la televisione a colori rientrano nel minimo esistenziale garantito a tutti.

Uno studio dell’Ufficio federale di statistica ha poi dimostrato che l’87% delle persone con uno stipendio basso non sono povere, poiché integrano altre fonti di reddito, ad esempio all’interno del nucleo familiare. Inoltre, quasi la metà delle persone che risultano povere ai sensi della statistica si dichiarano soddisfatte della propria situazione finanziaria, contro il 56% di chi non risulta povero.

La verità è che la miglior protezione contro la povertà è rappresentata dall’avere un lavoro. L’iniziativa sul salario minimo, distruggendo posti di lavoro crea nuovi casi sociali e, in ultima analisi, più povertà. Quindi dico no al salario minimo più alto del mondo e no all’ennesimo attacco alle fondamenta di questo stato che finora ci hanno permesso di reggere meglio di qualunque altro paese la crisi del 2008.

Matthias Bizzarro, presidente GLRT