di Carlo Vivaldi-Forti
Questo divertente frammento è tratto dal libro Addio Firenze, addio cielo divino! *** di Carlo Vivaldi-Forti, che narra in forma di vera e propria saga la storia dei Vivaldi, una famiglia del ceto imprenditoriale toscano, nei secoli XIX e XX. Per fissare una data Carlo Vivaldi, orefice, figlio di Giuseppe e omonimo dell’Autore, nacque nel lontano 1868. Nel libro compaiono, spesso protagonisti di curiosi aneddoti, famosi personaggi quali d’Annunzio, Puccini, La Pira, e molti altri. Godiamoci ora un breve passo dell’opera.
Il futuro vate dell’Italia imperiale [Gabriele d’Annunzio] era solito scendere in città percorrendo a cavallo la tortuosa strada di Settignano ove sorgeva la villa da lui abitata insieme all’amante in carica Eleonora Duse; frequentatore dei caffè intellettuali e aristocratici, si fermava spesso nelle botteghe artigiane e antiquarie alla perenne ricerca di quegli oggetti di pessimo gusto che avrebbero costituito l’arredo della sua ultima residenza: il Vittoriale. Fu così che passeggiando sui lungarni capitò una mattina nell’oreficeria. Erano presenti Giuseppe, Carlo e la commessa, sbigottiti e lusingati per la visita di cotanto personaggio.
Questi, dopo aver fatto buttare all’aria la cassaforte, scelse due brillanti ordinando che fossero incastonati in un anello, prezioso dono per una misteriosa amica. Si trattenne quasi un paio d’ore parlando piacevolmente di tutto un po’, di storia, letteratura, teatro, ma soprattutto esaltando con parole alate l’armonia dei colli fiorentini. Chiese quindi di visitare il laboratorio, interessatissimo all’artistica opera di cesello dei due addetti, veri artisti dei monili di qualità. Prima di accomiatarsi, dietro esplicita richiesta dei proprietari, vergò sul Libro d’Oro riservato alla clientela un autografo di difficile interpretazione: Gabriele d’Annunzio SPQR .
In un primo momento tutti lo attribuirono ad una forma d’esaltazione delle glorie di Roma. «Nulla del genere», precisò il poeta, «SPQR significa semplicemente: scusate pagherò quando ritorno. Come ben sapete non godo della fama di ottimo pagatore. Per questo preferisco mettere le mani avanti, piuttosto che sopportare le consuete malignità dietro le spalle!». Giuseppe e Carlo esplosero in una fragorosa risata, precisando subito che l’oggetto da lui acquistato poteva considerarlo un omaggio della Ditta.
Il Comandante, così desiderava essere chiamato, che già si sentiva principe in pectore, sebbene non ancora di Montenevoso, si profuse in mille ringraziamenti e salamalecchi, impegnandosi a raccomandare il negozio Vivaldi a tutti gli amici.
Carlo Vivaldi Forti
*** preso dal Gianni Schicchi