L’esasperazione delle tensioni religiose in Medio Oriente non crea preoccupazione ai giudici sauditi. Mercoledì 15 ottobre, la corte criminale di Riyad, specializzata in affari di terrorismo, ha condannato a morte Cheik Nimr Baqer Al-Nimr, figura di spicco del movimento di contestazione sciita, che aveva scosso l’Arabia Saudita nel 2011 e nel 2012.
Il dignitario religioso si è spesso mostrato critico nei confronti del governo saudita riguardo al trattamento di cui sono vittime gli sciiti nel paese. Al termine di un processo iniziato nel marzo 2013, otto mesi dopo il suo arresto, è stato riconosciuto colpevole di incitamento al disordine sociale, disobbedienza al re e detenzione abusiva di armi.
In un comunicato, la famiglia di Al-Nimr ha chiesto che la Corte suprema annulli il verdetto, contro il quale gli avvocati del dignitario religioso hanno fatto subito appello.
“E’ un verdetto politico per eccellenza – si legge nel comunicato – Avremmo voluto che i giudici considerassero il suo percorso pacifico, la sua opposizione alla violenza e alle armi.”
“E’ un verdetto deprimente – ha commentato un avvocato sciita che ha chiesto di mantenere l’anonimato – Speravamo che con la fine dei movimenti della Primavera araba, i dirigenti sauditi avrebbero abbassato la guardia e ripreso il processo delle riforme avviato nel 2011. A questo punto temo che tutto quanto venga rimesso in causa.”
“La condanna a morte pronunciata contro Cheik Nimr Baqer Al-Nimr rientra nell’ambito di una campagna condotta dalle autorità dell’Arabia Saudita per schiacciare qualsiasi forma di dissidenza, inclusi coloro che difendono i diritti della comunità musulmana sciita nel regno – ha dichiarato Said Boumedouha, direttore del programma Medio Oriente e nord Africa di Amnesty International.