Pubblico con piacere questo articolo di Marco Vitali, che ricordo come allievo nei miei primi anni a Lugano 1.
Per abbattere il patibolo della Forca di San Martino ci volle, nel 1840, la forza militare austriaca stanziata a Campione d’Italia. Nei secoli precedenti bastava rubare anche poche lire per finire impiccato, decapitato, o messo al rogo proprio sul bellissimo promontorio che ora ospita un ristorante e la Strada Cantonale che collega Paradiso e Melide.
Ora i tempi, per nostra fortuna – e anche perché qualcuno ha lottato e magari è morto perché succedesse – sono cambiati, e non poco. Un afflato di quell’aria un po’ sinistra e un raggelante brivido alla schiena lo provano però ancora non pochi dei temerari utenti che su quella strada si avventurano in bicicletta.
La stretta e a tratti sinuosa Cantonale (priva di marciapiede e con pochissime case), data la presenza della vicina autostrada, dovrebbe avere una vocazione prevalentemente turistica. Dovrebbe, insomma, essere apprezzata più per gli splendidi scorci di lago, che come arteria di collegamento. Qui, invece, si può andare veloci pressoché come sull’autostrada (che però è dotata di ben altri requisiti di sicurezza e in cui, come si sa, non possono circolare né pedoni, né ciclisti). Così ha ribadito recentemente, rispondendo a un’interrogazione, e con la firma di Norman Gobbi, il Consiglio di Stato.
Le ragioni? Non si registra (ancora) nessun ciclista morto. E neanche sufficienti feriti. I limiti di velocità prescritti sarebbero inoltre rispettati dalla maggioranza degli utenti. Da rilevare, anche, che “la notte, ad esempio, i ciclisti di regola non circolano o la loro presenza è molto limitata in questi casi un limite di velocità risulterebbe penalizzante per tutti coloro che circolano con veicoli a motore” (testuale). Quindi “Un limite di velocità che non trova riscontro nel comportamento effettivo e tale da provocare troppe infrazioni, non è adeguato”. A questo punto, consiglierei al signor Gobbi di togliere anche i limiti prescritti nei centri abitati (non parliamo, poi, dei 30 km/h…). E – perché no? – gli 80 o i 100 all’ora in autostrada. Decisamente troppi i pericoli di provocare infrazioni!
Ciò che non è si è voluto comprendere, rispondendo all’interrogazione, è proprio che un limite di velocità può mirare a più obiettivi: come per le strade di quartiere con i 30 km/h, si tratta spesso anche di incentivare l’uso di un percorso alternativo (in questo caso l’autostrada) meno pericoloso!
Per nulla considerate, inoltre, due recenti inaugurazioni, proprio a Melide: Il collegamento ciclabile, sul Ponte, con Bissone e il bike sharing. Che senso può avere, quest’ultimo, se pedalare verso la sua destinazione più importante (Lugano) risulta per un utente normale addirittura proibitivo? Con la passerella ciclabile (realizzata ben 14 anni dopo l’approvazione del credito da parte del Gran Consiglio!) non si tratta, invece, solo di incentivare il ciclo-turismo. Anche il pendolarismo in bicicletta – da Bissone e dai comuni vicini – verso Lugano può ricevere un’importante spinta. La bici elettrica, ancora ampiamente sottoutilizzata, potrebbe infatti essere per molti il mezzo più veloce per raggiungere la città!
Tutto questo, naturalmente, a condizione che la “strada della Forca” possa essere utilizzata non soltanto a velocità sostenuta, e con qualche brivido, dai ciclisti esperti (per lo più con la bici da corsa), ma anche da altri utenti come i pendolari e – perché no? – magari anche dai turisti!
Lugano è la città svizzera con più densità automobilistica ed è tuttora – sarà un caso? – l’unica non inserita in un percorso ciclistico di SvizzeraMobile. Si tratta, quindi, con un ripensamento riguardo ai limiti di velocità su questa tratta, non solo di trovare un rimedio a questa situazione, ma anche di indicare un cambiamento di direzione per quanto riguarda il nostro concetto di mobilità!
Firmato, a nome di Pro Velo Ticino, Marco Vitali