Titolo parafrasato su: “Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam
“I cluster ed il valore sociologico del fare la fila ad Expo” (titolo originale)

NOTA. Anche Ticinolive, che ha visitato 3 volte l’Expo – una volta con il Lions Club Lugano, la seconda con il Club Alpino Svizzero, la terza in occasione dell’evento Ermotti-Braglia-Regazzi – ha sofferto, e non poco, nelle code (mitigate da alcuni ingressi prioritari).

Chiochia 1Chi ha seguito il quasi daily per “ticinolive” ad Expo, si è reso conto che i padiglioni, vera anima della manifestazione, sono sempre stati il fulcro di ogni notizia. Sono loro in estrema sintesi, la rappresentazione di Expo, con le loro forme, le loro linee, con quell’albero della vita che svetta accanto a Palazzo Italia. Questa volta, avvicinandosi la chiusura della manifestazione, invece, il fulcro diventa la gente, il “popolo di Expo”, i visitatori. Abbandonata quindi l’ottica dei suoi “abitanti” delle delegazioni, volontari ecc che, anzi, sono scontenti ma perchè la chiusura del sito coinciderà con la conclusione del loro rapporto di lavoro, ecco apparire loro, i visitatori, i veri protagonisti. Chiochia 2Come? Ma con le famose “file” che rendono difficile il solo passeggiare sul decumano nei suoi circa 5 km (ed al cui criterio si è dovuto arrendere anche il padiglione svizzero dopo aver adottato il criterio del biglietto per visitare le torri). Certo, la soluzione di adottare gli ingressi “a gruppo” nei padiglioni, per motivi di sicurezza, non ha semplificato le cose. Difficile infatti che il numero complessivo dei visitatori di una sala possa essere maggiore o superiore a 30 unità, difficile gestire in altro modo il flusso interno (molti padiglioni hanno almeno 3-4 sale) ed allora, ecco che i successi di alcuni paesi, vedi il padiglione del Giappone, diventano grandi insuccessi (almeno 4-5 ore di coda). Lungi dal voler commentare altro se non una semplice notizia: le file ad Expo, fanno (del) bene. Fanno bene non solo perchè riescono a far socializzare la gente che attende in fila , ma perchè permettono alla frenesia e lo stress dell’entrare ed uscire dai padiglioni come ad un parco giochi di soffermarsi sul tema della manifestazione; fanno bene perchè in fondo, in questo modo si decreta l’immenso successo del tema scelto: nutrire il pianeta. Come? Scegliendo di “accorciare le file” entrando in uno dei cluster e della idea che vi è stata alla base, tutta italiana , della condivisione di tema e reti di culture. Nelle precedenti Esposizioni Universali infatti , i cluster non esistevano. Chiochia 3L’unico criterio era quello geografico. I cluster sono un’invenzione del Politecnico di Milano e nasce dall’idea di raggruppare “i paesi per aree tematiche (che rientrano nel tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”) piuttosto che geografiche”[op.cit sito politecnico]. E cosi, il visitatore, impossibilitato a file lunghissime sotto intemperie varie (pioggia, freddo o caldo che sia), eccolo arrivare ai 9 cluster (Riso, Caffè, Cacao, Cereali e tuberi, Bio-Mediterraneum, Il mondo delle Spezie, L’agricoltura e l’alimentazione delle zone aride, Mare Isole e Cibo, Frutta e Legumi) e vivere l’esperienza della condivisione di quel particolare cibo assistendo ad eventi sul palcoscenico (come quelli del padiglione Cacao, oltre 1500 eventi svolti), mostre ed attività che presentano il territorio legandolo fortemente al tema di Expo. Certo, questo scontenterà l’ottica del “parco giochi” Expo (sono sempre moltissime le persone in fila ai padiglioni), ma a tutto vantaggio di una comprensione profonda di ciò che l’Esposizione Universale vuole testimoniare e, sicuramente, più a misura d’uomo.

Cristina T. Chiochia