Le libertà fondamentali, veri e propri dogmi dell’UE, sono 4: assoluta, totale e definitiva libertà di circolazione dei servizi, delle merci, dei capitali e delle persone.
Sono libertà che permettono alle aziende più o meno importanti di trasferirsi in paesi a basso livello salariale. Paesi dove i lavoratori a 40 ore settimanali guadagnano molto meno di un disoccupato dei paesi di più alto livello. Libertà che rendono possibile l’acquisto di aziende concorrenti in paesi “deboli” e di poterle chiudere togliendole così dal mercato. Una prova irrefutabile di questa mia considerazione è che le ditte tipo Migros, Coop, Carrefour, Haldi, Lidl, Mercadona o Bennet, stanno oramai sommergendo tutti mercati europei. Ditte più deboli chiudono una dopo l’altra, le altre vivacchiano, e i loro disoccupati ricadono almeno in parte sulle spalle della collettività. In Svizzera, un Comune non può più costruire la sua scuola come ben gli pare, demandando l’appalto a chi vuole, secondo la legge vigente nel paese, ma deve indire un concorso internazionale, dove a vincere sono sempre grossi consorzi. Le nostre gallerie, che paghiamo mettendole a disposizione di tutti i traffici nord-sud a prezzi stracciati, sono forse state costruite solo da noi? Gli stati più ricchi portano via, grazie alla libera circolazione, a quelli più deboli i migliori cervelli e le migliori braccia, aggravando così la loro condizione già grave di per sé.
Sono considerazioni che potrebbero sembrare inopportune da parte di un uomo di destra quale ritengo di essere. Scettico comunque anche di fronte a chi mi garantisce che il mercato libero globale è la conditio sine qua non per il benessere generalizzato e totalizzato.
Anche i problemi che abbiamo adesso con la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica, con aziende produttrici dell’energia più pulita e più rinnovabile del mondo (quella idrolettrica) che stanno fallendo a causa di una politica di sovvenzioni insensate indotta dalla Germania e proseguita dall’UE, dovrebbero indurre tutti alla riflessione.
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Più lo vedo all’opera e più mi convinco che Matteo (Pataca, lo definisce un mio corrispondente italiano) è un imbroglione de calidad suprema, come direbbero gli amici iberici. E`di questi giorni la richiesta di mettere fuori bilancio le spese causate dai migranti e altre spesucce non meglio precisate. Una richiesta rivelatrice di una mentalità particolarmente disponibile ad imbrogliar le carte. L’Italia, che sotto il governo di Renzi ha visto aumentare la causa prima delle sue disgrazie, l’indebitamento statale insopportabile, passerebbe così di colpo, nei ranghi delle nazioni virtuose. Sono invece mesi che sentiamo l’incantatore di serpenti (fasulli, nel senso che sono stati operati per renderli innocui, non si sa mai, la prudenza non è mai troppa) invocare coesione, solidarietà e condivisione solo per ottenere esenzioni o rinvii di norme e richieste della comunità europea precedentemente sottoscritte. Sostenuto da canali televisivi, in particolare da Rai News 24, di un’acquiescenza rivoltante (“ministeriale, serva e codina”, diceva il compianto Flavio Maspoli) e oramai succube del proprio vaniloquio si è convinto di essere diventato un grande, e crede di dimostrarlo facendosi riprendere, sugli schermi caserecci, accanto ai grandi veri (anche loro destinati, per un buon 90%, all’oblìo non appena silurati) con le mani in tasca e il capo retratto di fianco. Il suo ministro delle finanze, Pier Carlo Padoan, non sa più a quale santo votarsi per escogitare macchinazioni contabili che permettano di autenticare una ripresa economica smentita dai fatti e soprattutto dalla stessa Corte dei Conti.
Adesso il buon Matteo, che la storia militare dell’Italia non la conosce, pretende (e a quanto sembra ottiene) la guida di un intervento militare in Libia, concordato e progettato (non) so bene da chi. Per il momento sta alla barra sulla base di un “avanti tutta, un poco indietro”, aspettando la richiesta di un governo libico di là da venire. L’avversario da abbattere lo si conosce, è l’IS o Califfato. Prevedere che alla fine l’intervento vedrà l’Italia schierata a fianco del Califfato sarebbe fin troppo facile per chi la storia la conosce.
Rimango convinto di una cosa: gli italiani sono grandi, nel bene e nel male, come individui. Come nazione anche, ma nel bene solo in un passato che si allontana di giorno in giorno.
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In Svizzera le transazioni finanziarie ammontano a circa 100’000 miliardi annui. Gli specialisti di finanza (riprendo da “Weltwoche”) hanno già escogitato il prelievo di una tassa dello 0,2%o su ogni transazione, con il conseguente sicuro incasso da parte dell’ente pubblico di circa 200 mrd di franchi. Imposte, tasse, gabelle e balzelli vari ammontano attualmente a 170 mrd. Pur abolendoli tutti, il beneficio per le casse pubbliche sarebbe di 30 mrd. Più colpiti da questa nuova forma di tassazione sarebbero persone fisiche e giuridiche che maneggiano soldi in quantità industriale, mentre risparmiati risulterebbero i ceti più deboli.
A prima vista l’idea, esposta qui nelle grandi e mal definite linee, sembrerebbe allettante. Vedremo presto, spero, se resterà limitata al campo della teoria o se potrà avere conseguenze concrete.
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Ho sempre ritenuti eccessivi lamentele e piagnucolii dei contadini svizzeri, al punto di dire che se si trasferissero nel Sahara il deserto rinverdirebbe grazie alle loro copiose lacrime. Stessa cosa penso adesso dei gemiti strazianti di imprese e aziende condannate a lenta morte sotto tortura dall’abolizione del cambio fisso tra franco e euro, imposto da insopprimibili leggi dell’economia e non da me, non da altri e soprattutto non dal diavolo. Le ultime cifre pubblicate dai competenti uffici per il 2015 smentiscono ampiamente i professionisti del piagnucolìo (pianto continuo, sommesso e lamentoso, secondo il dizionario, ma in questo caso tutto salvo che sommesso. Stentoreo, direi). Il PIL (prodotto interno lordo) svizzero nel 2015, anno da tregenda secondo i piagnucolatori di professione, non è diminuito, ma aumentato dello 0,9%. Pochi, d’accordo, siamo abituati all’1,5% o più, Ma con un aumento di parecchio inferiore il buon Matteo sta facendo salti mortali di gioia nella vicina e poco amica Italia.
Le grandi aziende elvetiche si uniscono al coro delle lamentele: utili in discesa del 37% della Nestlé, 21% per la Swatch, 25% per l’ABB, 34% per la Novartis. Sono tutte ditte i cui profitti superano di gran lunga il 10% del fatturato. Il loro pianto mi ricorda quello (parlo di 60 anni fa) della più grande ditta del paese, produttrice in pratica monopolista di scarpe, la Bally, che lamentava una perdita di 2 mio di franchi per averne incamerati solo 8 invece dei 10 previsti e abituali.
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Studio di UBS su Teletext Ticino: futuro cupo per le aziende svizzere, salvo che per le grandi società, positive nelle loro previsioni (“mentre le grandi società è tornato a giudicare positivamente” scrive quella redazione). Il Teletext Ticino per me è un vero e proprio scandalo: tutto quel che è errore di stampa, di tampa o di stimpa vi si annida come i topi nelle chiaviche. Non sono mai riuscito a sapere quanti siano i redattori responsabili e che razza di stipendi circolino in quelle redazioni. La tedesca e la francese sono decisamente meglio della redazione italiana, ma anche loro lasciano a desiderare. La macchina sulla quale i tre Teletext scrivono i loro testi deve essere un esemplare scalcinato, residuo della Enigma di Hitler.
Che nessuno protesti e che il Signor Canetta o chi per lui non muovano una paglia per rimediare mi stupisce altamente.
Gianfranco Soldati