Macron rappresenta la dicotomia del dissidente. Banchiere, si candido’ sulla linea socialista, europeista in apparenza, si fa paladino della nazione di Francia dal versante economico a quello industriale, e proprio su quest’ultima linea di contraddizione facciale, si pone il dissidio tra lui e Guy Verhofstad, presidente del gruppo europeo liberal-democartico (lo stesso gruppo che aveva negato l-accesso all’incoerente richiesta dei grillini italiani). L-ex premier belga avrebbe infatti smesso di chiedere al premier francese di inserirsi in quella che sembrava la piu’ naturale collocazione politica europea (laica, europeista, liberale), essendo Macron un candidato troppo instabile in apparenza e dalle idee troppo chiare e troppo personali in realta’. Ovvero: per ora Macron non si impegnerebbe per nessuno, se non per se stesso, per la Francia e per la sua personale ambizione che pootrebbe portarlo molto in alto.

Il piu’ influente dei leader politici europei si trova a capo di una situazione politica talmente nuova da non potersi agglomerare con il “vecchio” europeismo dei suoi apparenti alleati. No ai popolari della Merkel, troppo in caduta libera, no ai democratici di Renzi, troppo ridicolmente antiquati, no alla masnada di Schulz, troppo incoerenti.  Macron vuole essere il punto di contatto tra socialisti e popolari, e l’ago della bilancia della prossima politica d’Europa. E anche se mancano ancora due anni per le decisioni politiche francesi di in termini di elezioni europee, la scelta di Macron si prevede esser ben ponderata e calcolata.

CF