Ero certo che l’Avvocato avrebbe scritto un pezzo finale sul disastro No Billag. Lui non è uomo che si sottragga per timore. Tutto quello che scrive è giusto. Singolare il fatto che egli metta al centro del suo discorso Luigi “Gigio” Pedrazzini e non nomini neppure una volta il direttore Canetta.

Tettamanti ha subito una dura sconfitta. Non da solo, naturalmente, ma lui era la personalità più vistosa e importante. Si era esposto senza risparmio, perché il tema “indipendenza ed equilibrio dell’informazione nella radioTV di Stato” lo appassiona da anni. Abbiamo tentato (mi ci metto anch’io, ma ovviamente in subordine) di porre QUEL discorso, fondamentale per noi, al centro dell’attenzione. Ci veniva risposto: “Mio cugino lavora a Comano”, ed eravamo affranti e impotenti.

L’Avvocato puntava (lo ammette) a quella che chiamerei una “sconfitta moderata”. Non l’ha avuta. Io stesso pensavo che un 40% svizzero (e un po’ di più nel Ticino) sarebbe stato “onorevole” e “accettabile”. Seduto su una nuvoletta rosa, sognavo beato.

Tettamanti non risparmia una frecciatina al suo (non credo che l’abbia mai cambiato) partito, che “non naviga in buone acque”. Sembra quasi che dica: calato il sipario, dopo mesi di campagna ossessiva e onnipervasiva, dovete tornare ad affrontare la crisi (e le elezioni 2019, ormai vicine). “Metti un Gigio nel motore!” il suo paterno consiglio. Anche Ticinolive ha pensato di “rilanciare” il tema, pubblicando un’intervista al presidente Dadò.

Per concludere, ha vinto… l’informazione? O addirittura: la libertà, la coesione, … la Svizzera? Assolutamente no, per favore non raccontiamoci frottole. Ha vinto la politica, laddove la parte (politica) soccombente ha mostrato al mondo tutta la sua tragica debolezza. Ha vinto l’establishment, che ha preteso e ottenuto una vittoria feroce. Sono sinistre avvisaglie in vista delle battaglie future, prima fra tutte quella sulla Libera circolazione.

L’Avvocato sa perdere con garbo, il suo stile “british” glielo permette. Dal mio canto io avrei piacere di dire: “È stata una campagna bella e leale, ha vinto il migliore”. In realtà è stata una campagna velenosa e intimidatoria, nella quale la sproporzione delle forze in campo era impressionante. Ma hanno vinto i migliori, questo sì.

In altri termini, come in un film moraleggiante alla fine i cattivi hanno perso.

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È quello che ha deciso con una maggioran­za quasi bulgara il popolo svizzero. In democrazia le decisioni van­no rispettate anche quando non fanno piacere e il divario di voti è stato tale da non per­mettere neppurela continua­zione di un discorso come spesso accade quando le forze sono equilibrate. Inoltre le decisioni democratiche si esprimono con dei sì e dei no e non dei sì, ma o no, però. Inutili le interpretazioni inte­ressate. Tranquilli quelli del no critico, che non ho mai ca­pito cosa volesse dire, e che aggiungevano sempre, ma la prossima volta… Non ci sarà per anni una prossima volta (e ad alcuni farà piacere, così non sidovranno compromet­tere).

La dirigenza SSR ha reagito al risultato tattica­mente in modo abile espri­mendo buone intenzioni e promettendo genericamente modifiche, ma la vera rispo­sta èquella dataci con la bru­tale franchezza della donna di potere dalla consigliera fe­derale Leuthard: con una tale stangata chi sosteneva l’ini­ziativa non può venire dopo 10 minuti con grandi richie­ste. In altri termini: non rom­pete più le scatole.

Ormai modifiche, adeguamenti, ristrutturazioni op­portune per una SSR atta al futuro sono diventati proble­mi da risolverein azienda. Mi auguro che il direttore gene­rale Marchand, che ha prean­nunciato cambiamenti im­portanti con questo risultato, non esca indebolito. Infatti, la corrente corporativistica ed i burocrati di Berna si oppor­ranno a cambiamenti (qual­cuno lo ha già detto) di una struttura sostanzialmente approvata dai quasi tre quarti dei votanti. Indeboliti anche gli editori che, esagerando nell’obbedienza, per pochi soldi hanno sbracato e contribuito ad un risultato che li rende meno importanti, diminui­sce la loro forza contrattuale e non pre­mia il loro appiattimento.

In Ticino ha vinto alla grande Luigi Pe­drazzini. Ha capito che il risultato avrebbe potuto influire pesantemente sulla sua autorevolezza nell’ambito del Consiglio di Amministrazione della SSR. Sostenuto anche dalla sua abilità di vecchia volpe della politica si è battu­to senza risparmio. Ha rivoltato ogni sasso del Paese, non c’è associazione con la quale non abbia interloquito, ha te­nuto comizi e dibattiti dal Nord al Sud del Cantone e nell’entusiasmo è finito perfino a parlare al Consolato generale svizzero di Milano. È stato in cabina di regia, ha partecipato quale primo atto­re e da buon fisarmonicista ha toccato tutti i tasti possibili dal sentimental-pa­triottico, alla paura per i posti, alle gra­vi conseguenze economiche per il canto­ne tutto, sicuramente esagerando ma evitando le baggianate tipo giornalisti strabici o l’errore di confondere bene pubblico con servizio pubblico.

Dicono che Compostela faccia bene allo spirito . Non lo so, ma certamente raffor­za il fisico. Consiglierei al suo partito, che non naviga in buone acque, di met­tere un “Gigio” nel motore affidandogli la campagna per l’elezione del Consiglio di Stato: con un simile impegno forse ri­conquista il secondo seggio.

Una critica rivolta talvolta a Luigi Pe­drazzini è quella della titubanza, dell’esagerato tendere alla conciliazio­ne. Abbiamo visto invece che sa mostra­re unghie e denti con grinta, quindi a Bema non vi sono più scuse. Sì, perché il successo si accompagna alle responsa­bilità. Le sue sono grandi e non può per­mettersi di fallire. Deve difendere gli in­teressi ticinesi nei confronti dei confede­rati e nel contempo, se lo vorrà, adope­rarsi perché il profondo solco con un ter­zo dei votanti ticinesi si possa almeno parzialmente colmare.

Mi auguravo – come ho sempre detto – un no di proporzioni molto più modeste che avrebbe legittimato la continuazio­ ne del dibattilo critico nel Paese. Non è andata così, ma da bravo uomo d’affa­ri ho cercato comunque di ottenere qualche vantaggio. Già ai primi di no­vembre ho scommesso con Luigi Pe­drazzini che l’iniziativa non sarebbe passata (facile previsione). Posta in pa­lio, un ricco pasto alla Locanda Orico. Credo che nessuno sarà più contento di lui di dover pagare il conto.

Tito Tettamanti

(pubblicato sul CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata)