In questo articolo, che si diffonde abbastanza a lungo su molestie sessuali di vario genere, ci imbattiamo in un Tito Tettamanti diverso dal solito. Se non suonasse irriverente, oseremmo definirlo un Tito “a luci rosse”. Nel testo figura però anche un messaggio importante, al quale Tettamanti tiene molto; ed è il seguente: “l’imprenditore, che crea ricchezza a vantaggio della società, non è un cattivo soggetto, non è un tipaccio. O per lo meno… non lo è automaticamente, come piace credere a una certa sinistra arrabbiata e ideologica.
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Gli scorsi mesi i giornali della Svizzera tedesca hanno ampiamente commentato uno scandalo concernente la Fondazione ambientalista Green Cross nata a suo tempo per iniziativa di e presieduta per molti anni da Michail Gorbatschow, l’ultimo presidente del-l’Unione Sovietica. La presidenza è poi stata assunta dal consigliere nazionale Martin Bäumle, già alla testa dei Verdi liberali svizzeri. La Fondazione si è trovata sull’orlo del fallimento e impossibilitata a far fronte agli impegni assunti perché la direttrice (si presume per percepire indebitamente la sua provvigione) registrava l’incasso di donazioni milionarie inesistenti.
Maretta anche in casa del sindacato Unia. Lasciamo da parte le lotte di potere interne che non stupiscono ed affliggono molte organizzazioni. Le accuse più gravi che riguardano l’Unia sono di mobbing (accusa ancor più pesante trattandosi di un sindacato) nei confronti di diversi collaboratori e collaboratrici e ripetuti casi di molestie sessuali. Tipo quella di un dirigente nel canton Berna che inviava foto pornografiche comprese quelle del proprio organo genitale, a una lavoratrice iscritta al sindacato di cui si occupava. Questa mania di mostrare un organo che sarà utile ma che è difficile si possa sostenere sia di sconvolgente bellezza proprio non la comprendo. Qualche anno fa anche un sindaco e consigliere nazionale (che ha poi perso le cariche) ci cascò. A Zurigo il capo regionale del sindacato, noto per la sua aggressiva criticità e rigore sui cantieri edili, ha dovuto dimissionare per ripetuti casi di molestie.
La Oxfam, una delle ONG più prestigiose e dal bilancio nell’ordine di un miliardo, è stata investita dallo scandalo di Haiti che ha visto l’indegno baratto richiesto da suoi rappresentanti in loco tra aiuti e sesso (anche con giovani adolescenti). La notizia ha fatto il giro dei media internazionali e ha portato ad approfondimenti dai quali è risultato come casi analoghi si fossero già verificati in Africa; e anche in Inghilterra giovani collaboratrici della Oxfam si sono lamentate per molestie. Alcuni massimi dirigenti che non avevano dato peso, o forse cercato di mettere a tacere denunce precedenti, hanno dovuto dimissionare. Il Governo inglese, che ha sussidiato per anni l’Oxfam con decine di milioni di sterline (come pure il Governo svizzero, anche se in misura minore) si è visto obbligato a riconsiderare la propria politica. Ma che dire dei casi di pedofilia avvenuti nell’ambito della Chiesa cattolica? L’indegnità imperdonabile si accompagna allo squallore ma ancora più grave la tendenza delle gerarchie ecclesiastiche a soffocare lo scandalo.
In Ticino è stato recentemente condannato ad una pesante pena detentiva un alto funzionario statale, impegnato anche politicamente (magari con discorsi moralistici) che pure in questo caso ha gravemente molestato adolescenti, oltretutto abusando della fiducia che la sua funzione gli conferiva.
Che conclusione dobbiamo trarre da questa ed altre simili notizie di cronaca che si ripetono purtroppo con frequenza? Che fondazioni, sindacati, ONG, Chiesa e ordini religiosi vari, amministrazioni statali siano inadeguate al loro compito? Assolutamente no. Basta solo riconoscere che per le loro attività hanno bisogno dell’opera di esseri umani, che come tutti sappiamo sono un impasto di virtù e difetti, un groviglio di debolezze. Inoltre, non dimentichiamo tutti coloro – e sono la maggioranza – che svolgono correttamente il proprio compito.
La vera conclusione da tirare è un’altra, vale a dire che l’operare nel «non profit», cioè in organizzazioni che non hanno scopo di lucro, non garantisce la correttezza dell’operato, non dà il certificato di persona perbene. Come pure che l’operare per ottenere un profitto non deve bollare immediatamente l’imprenditore quale persona sospetta e probabilmente poco affidabile. Pregiudizio grave e purtroppo molto diffuso nei confronti dell’imprenditoria e di coloro che vi operano. Tra l’altro dimentica l’utilità di chi agendo nel settore privato crea ricchezza e meriterebbe pertanto la stima e l’apprezzamento della società.
Oltretutto la produzione di ricchezza è indispensabile per la distribuzione della stessa a favore anche della socialità. Si potrà dibattere sull’equità o meno di tale distribuzione ma non è possibile negare che senza produzione di ricchezza non vi è distribuzione possibile. Il profitto costituisce pure la base per il calcolo delle imposte percepite dallo Stato, che oggigiorno a vario titolo incassa il 50% del PIL nazionale.
Per la propria utilità sociale chi lavora nel privato non merita maggiore ma neppure minor considerazione di chi opera in attività senza scopo di lucro. Non limitiamoci alle enfatiche etichette talvolta (volutamente) ingannevoli e vediamo di giudicare senza pregiudizi il contenuto.
Tito Tettamanti
Pubblicato sul CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata