A Lugano arriva Nomnom perché la tua casa racconti meglio chi sei e collezioni ogni tuo amore

Intervista di Benedetta Galetti

Cosa si immaginava quando ha intrapreso gli studi d’architettura?

Volevo diventare un architetto come mio padre. Ho avuto un’infanzia circondata da arte, architettura, fotografia, discipline che mio padre amava e alle quali ha iniziato mio fratello e me. Una sorta di miscela delle culture.

Ero un bambino serio, a volte troppo, coscienzioso, premuroso, riflessivo. Da adolescente uscivo spesso, i voti a scuola ne risentirono. Ho trovato la mia strada nell’interior design. Mi sono sentito bene lì, senza molto sforzo, ho avuto buoni risultati. Ho sempre immaginato di avere un giorno il mio studio, di realizzare grandi progetti e di inventare nuovi concetti di ogni tipo. Gli studi sono stati stimolanti, vari progetti senza restrizioni.

Cosa fa un architetto d’interni?

E’ sempre una domanda a cui è difficile rispondere perché il lavoro è così vario. Facciamo un esempio. Diciamo che avete appena comprato una casa, ma non ti piace l’interno. Gli spazi sono mal organizzati, vorreste la cucina sul lato giardino, le camere da letto a Nord e creare un nuovo bagno. L’interior designer fa uno studio e vi presenta la sua proposta.

Consiglia, riorganizza gli spazi abitativi in modo che diventino il vostro appartamento, esegue progetti da trasmettere agli artigiani, progetta mobili, gestisce i cantieri. Egli interpreta il desiderio del cliente e lo rende realtà.

Quali sono le qualità essenziali di un architetto d’interni?

Ha una buona idea dei costi di produzione, un senso dello spazio. Deve avere buone capacità relazionali, di comunicazione e organizzative.

Cosa ha pensato che quando vende un edificio abbandonato o degli spazi non valorizzati?

Mi piacciono particolarmente i luoghi abbandonati, hanno una dimensione mistica che dà spazio a una maggiore creatività. Penso alla storia dell’edificio, a come valorizzare lo spazio per ingrandirlo. Intrecciare il passato con il moderno, aggiornare e rinnovare, lasciando una traccia del passato. Utilizzare l’esistente, rispettandolo, per renderlo un luogo unico.

Purtroppo si sente spesso dire che gli architetti di una volta erano più bravi. È davvero così?

Non sono del tutto d’accordo. Gli architetti di oggi devono fare i conti con vincoli che non esistevano in passato. Mi riferisco, ad esempio, agli standard per i disabili o agli standard ambientali, per citarne solo due. Oggi la ricerca di materiali sempre più tecnologici o riciclabili, ad esempio, permette di costruire in modo ancora più intelligente.

E la richiesta più strana che vi è stata fatta?

Una volta un cliente mi ha chiesto di installare una cassaforte nel suo bagno per nascondere i suoi gioielli. A prima vista può sembrare una richiesta folle, ma a pensarci bene, chi cercherebbe oggetti di valore nella toilette?!

Perché proprio il Ticino?

Stavo cercando una nuova sfida. Ho seguito la mia compagna, originaria di Lugano, che l’anno scorso ha trovato lavoro in Ticino. Non ho esitato a lungo prima di decidere di venire qui. Ma abbiamo dovuto ricominciare da capo. Rinunciare al mio lavoro nella Svizzera romanda, imparare l’italiano e pensare al mio progetto professionale, Nomnom. Però non rimpiango la mia decisione per un secondo.

Ha lavorato anche all’estero? Qual è la situazione fuori dalla Svizzera?

Sì, ho lavorato in Francia, Canada e Germania negli ultimi dieci anni. Lavorare all’estero mi ha insegnato ad adattarmi allo stile di vita, pur mantenendo una linea guida nel mio design. Ci sono molte correnti e grazie a Internet, le influenze viaggiano di paese in paese. La differenza potrebbe in realtà essere tra centri urbani e centri rurali, ma non tra paesi. Dopo che ci sono importanti culture del design, il design italiano è naturalmente uno dei più grandi, come il design scandinavo.

Un consiglio per chi sta mettendo su casa proprio in questo momento?

Chiedere consigli sulle potenzialità dell’immobile prima dell’acquisto. Visitate con il vostro architetto per valutare insieme le possibilità di sviluppo o un’eventuale ridistribuzione dei locali.

Perchè Nomnom ? Da dove viene questo nome?

Quando ero bambino, tutta la mia famiglia mi chiamava “bonhomme”, che significa ometto in francese. Non riuscivo a pronunciarlo correttamente e dicevo “nome-nome”. Da allora, “nomnom” è diventato il mio soprannome per tutti.

Che cosa fa Nomnom? Quali sono i servizi che propone?

Nomnom offre un servizio di interior design con tutti gli aspetti che questo comporta. Dall’ideazione del progetto, alla direzione dei lavori, alla produzione di arredi e mobili su misura. Per ulteriori informazioni, visitare il sito web www.nomnom-design.ch

Aurélien Juredieu