Le misure adottate contro il “coronavirus”, che hanno imposto l’annullamento di una serie di manifestazioni pubbliche (incontri sportivi, cortei di carnevale, sagre ecc.) con più di 1’000 partecipanti, hanno causato agli organizzatori seri problemi economici. Non bisogna però preoccuparsene – è stato detto e ripetuto – perché la salute e la sicurezza della popolazione vengono prima di ogni altra considerazione. Sarà.
L’unica obiezione che si può fare a questo “ragionamento” è che si limita ai grandi numeri. Chi ci dice che se ad una manifestazione partecipano solo 800 persone, o “solo” 500, ogni rischio di contagio, sarebbe escluso?
Un appunto lo si può fare anche riguardo alla politica informativa. Qualche sera fa, in una conferenza-stampa trasmessa su TeleTicino, un giornalista ha chiesto se fosse vero che all’Ospedale Italiano di Viganello vi erano 7 o 8 casi dubbi. Il medico cantonale, appellandosi alla protezione dei dati, si è però rifiutato di rispondere. E così ne sappiamo tanto come prima.
Al tempo stesso le medesime Autorità hanno deciso di non chiudere le scuole né le frontiere, a persone provenienti da zone “a rischio”. Questa decisione è stata motivata con ragioni di inopportunità, o con difficoltà di attuazione. Si è cioè applicata tutt’altra logica, che parafrasando il titolo di un libro umoristico in voga qualche anno fa, potremmo definire quella dell'”io speriamo che me la cavo”. Sarà vero anche questo.
Io non so quale scelta sia la più appropriata. Certo è comunque che quelle adottate non brillano per coerenza!
Franco Celio