L’astronauta Michael Collins non scese sulla luna, durante la missione Apollo 11, ma rimase nell’orbita lunare a pilotare il modulo di comando Columbia, mentre i suoi colleghi, il celebre Neil Armstrong e Buzz Aldrin calpestavano, per la prima volta nella storia, il suolo lunare.

”Sono onorato di aver avuto quel posto.” avrebbe commentato più tardi Collins “Non mi sono sentito solo e abbandonato, ma parte di ciò che accadeva sulla superficie lunare. I posti erano tre, quindi la mia presenza era necessaria come quella degli altri due”.

Amstrong, primo nella missione è stato anche il primo ad andarsene e Collins, secondo nella missione gli è stato secondo anche nella morte. Anche se, nel caso dei protagonisti di una sì celebre missione, si potrebbe applicare il motto degli arditi, secondo cui nessuno fu primo, poiché nessuno, in realtà, fu secondo, così fu per i protagonisti dell’Apollo 11.

Michael Collins Si è spento a 91 anni, attorniato dall’affetto dei suoi cari, dopo una lunga malattia. I suoi familiari ne ricordano la grazia e l’umiltà, la Nasa con una delle sue frasi più celebri: “l’esplorazione non è una scelta, è un imperativo”.

Era nato a Roma il 31 ottobre 1930 dove suo padre era addetto militare all’Ambasciata. Si era laureato ad Havard e aveva iniziato la carriera come pilota sperimentale dell’Aviazione americana.

Poi, nel 1963, il grande passo, venendo selezionato dalla Nasa nel terzo corpo astronauti dell’agenzia spaziale americana e, tre anni dopo, il primo volo con la Gemini 10: sarebbe divenuto il primo americano protagonista di due passeggiate spaziali, la seconda proprio con la missione Apollo 11.

Neil Amstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin, i “magnifici 3” dell’Apollo 11

Fu il primo uomo a restare da solo in orbita intorno alla Luna, sotto di lui la Terra: “la cosa che ricordo di più è l’immagine della Terra” raccontò in seguito “vista da lontano, piccola, molto luminosa, blu e bianca. Splendente, bella, serena e fragile”.

Ritornato a terra, disse di sé di essere “sono sopravvissuto a una carriera pericolosa e ho trovato il successo” e ironizzò sul fatto che sulla sua lapide avrebbero dovuto scrivere “fortunato”.  

La sua più intensa frase fu: “l’unica cosa che meriti di essere ricordata è quale tipo di civiltà abbiamo creato noi Terrestri e se ci siamo avventurati o meno in altre parti della galassia”. Un monito alla riflessione, allo studio del passato e all’esplorazione dell’universo.