di Andrea Genola

Pubblichiamo questo articolo come contributo al dibattito sulla demolizione (molto parziale) del Macello.

La situazione è tesa, gli animi esasperati e Ticinolive userà (come sempre) parole moderate e ben calibrate. Niente benzina sul fuoco.

La nostra personale impressione (che non conta) è che il Municipio sia rimasto “vittima” di una provocazione forse premeditata. È un’idea che ci ha sfiorato già in data 8 marzo, alla stazione, e ha continuato a sfiorarci quando l’Esecutivo ha intimato lo sgombero.

Dopo aver fatto i duri (termine forse eccessivo) Borradori & Co. hanno fatto di tutto per approdare a una soluzione morbida. I due neo eletti (lodevolmente) sono andati in pellegrinaggio al Molino. Mission impossible.

Alla fine il Municipio ha ceduto alla tentazione di “dargliene un taglio“, creando una situazione nuova.

Si sono arresi alla provocazione? Magari sì, ma potrebbero aver fatto la cosa giusta.

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Sentir parlare di Stato di diritto sulle macerie del ex Macello, ricorda il bue che dà del cornuto al toro. Perché di tutto si può parlare e scrivere, ma tirare in ballo lo Stato di diritto, in una vicenda dove dello Stato di diritto non vi è mai stata nemmeno l’ombra, è quantomeno ridicolo. Infatti se dopo circa diciannove anni si è “ristabilito lo Stato di diritto”, significa che per diciannove anni si è tollerata l’illegalità. La tolleranza dall’illegalità è in palese contrasto con il concetto dello Stato di diritto, che presuppone che l’agire dello Stato e dei sui cittadini sia vincolato dalle leggi.

Perché se uno Stato non rispetta le sue stesse leggi, non può definirsi uno Stato di diritto. Infatti lo Stato di diritto è quello che si impone e applica le sue regole a tutti indistintamente. È quello che non ammette l’occupazione abusiva di proprietà altrui. Come non ammette che un tavolo di un ristorante sia posizionato a meno di 5 centimetri dalla misura prevista, anche se è una cretinata da abrogare. Lo Stato di diritto è quello che aiuta tutte le associazioni di interesse pubblico, secondo le proprie possibilità, in modo adeguato al valore e ai benefici che quest’ultime portano alla società. Insomma lo Stato di diritto non è quello che applica le leggi “ad personam”, o ripristina la legalità al di fuori del diritto, furtivamente e di notte perché è incapace di gestire legalmente un’evidente problema di ordine pubblico.

Lo Stato di diritto non ha paura di applicare la legge, e la applica sempre e immediatamente, lo fa alla luce del sole per ribadire la sua presenza, lo fa nel rispetto della legalità, senza tollerare chi lo contrasta al di fuori della legalità. Per questi motivi la vicenda ex Macello è da diciannove anni l’emblema della sconfitta dello Stato di diritto e dei politici ticinesi. Che ora starnazzano in favore della propria casacca, al posto di occuparsi come dovrebbero, per giuramento, dello Stato di diritto che non ha un colore politico.

Insimma, sotto le macerie della demolizione vi è proprio lo Stato di diritto, cioè lo strumento che il popolo si è imposto per la convivenza civile dei cittadini di ideologie e confessioni diverse. Stato di diritto che una classe politica incosciente, di scarsa onestà intellettuale o per superficialità mina alle radici da anni. Arrecando un grave danno allo Stato, rendendolo non credibile e provocando la disaffezione dei suoi cittadini, verso l’ordine costituito e i sui artefici. Insomma condottieri non di una repubblica delle banane, ma solo perché qui le banane non crescono.

P.S. Naturalmente i politici rappresentano i cittadini che come loro, stanno da una parte o dall’altra, al posto di stare dalla parte dello Stato di diritto che è l’unico garante di giustizia.

Andrea Genola, Astano