di Vittorio Volpi

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Qualche giorno fa un centinaio di poliziotti cinesi ha compiuto una retata nel seminario cattolico di Shaheqiao, nella provincia dello Hebei. Hanno arrestato 7 sacerdoti e 10 seminaristi. Ce lo racconta Guido Santevecchi, corrispondente a Pechino del  CdS (Corriere della Sera).

Pare che qualcuno si sia salvato dalla retata perché successivamente i poliziotti sono ritornati ispezionando casa per casa nel vicinato. Secondo Asianews, rivista online del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) è stato anche arrestato Monsignor Zhang Weizhu, Vescovo della prefettura apostolica dello Xinjiang. Tale prefettura apostolica (100 fedeli su 14 milioni della Cina) non è riconosciuta dal governo cinese non facendo parte della Chiesa patriottica allineata a Pechino. Significa che ogni sua attività può essere accusata come illegale e criminale se necessario.

Siamo in presenza di una storia atavica, risalente al trionfo di Mao Tse Tung che ha combattuto le religioni (oppio dei popoli..) perché estranee alla Cina (i cattolici riportavano a Roma) e capaci di costituire un contropotere ispirato da valori etici non comunisti.

Quanto sopra, gli arresti, non sono passati in second’ordine in Vaticano. Qualche mugugno è filtrato o fatto filtrare tramite il CdS, ma su questo tema caldo il Papa e la Segreteria di Stato sono molto cauti per non danneggiare le negoziazioni che da alcuni anni, molto sott’acqua, proseguono con difficoltà. Un atto importante è cristallizzato nell’accordo 2018 provvisorio sulla nomina dei vescovi. Accordo rinnovato e tenuto segreto per richiesta di Pechino nell’autunno scorso.

Tale accordo è un primo passo per evitare uno scisma, con le nomine di vescovi patriottici senza l’investitura del Papa e si sperava anche in una fine delle ostilità del governo cinese nei confronti dei prelati della Chiesa sotterranea.

Purtroppo anziché una distensione, è seguita una catena di repressioni, soprattutto contro i vescovi “sotterranei” che si rifiutano di essere “vidimati” dal Partito, secondo Massimo Franca del CdT “Papa Francesco aveva deciso di mettere un piede nella porta di un paese che si sta chiudendo, convinto che alla lunga avrebbe permesso al cattolicesimo di riattecchire”.

La strategia vaticana punterebbe ad avere come primo passo un ufficio a Pechino, anche informale, per meglio osservare lo sviluppo dei rapporti. Per ora nessun esito. Anzi, sembrerebbe dare ragione agli scettici o critici della strategia vaticana per i quali i comportamenti cinesi sono più duri che soffici.

Si tende a chiudere gli orfanotrofi gestiti dalle suore che tanto hanno fatto nel salvare le vite di bambine che venivano loro abbandonate durante il periodo 1979-2015, conseguenza della cosiddetta “one child politicy”-un solo figlio- perché le famiglie volevano un maschio, il principino, per la continuità della famiglia.

Bernardo Cervellera del PIME ha scritto della multa ad un fedele per aver ospitato Monsignor Shao Zhumin. I genitori non possono andare in Chiesa con i loro (il loro) piccolo: minimo 18 anni. Il missionario vede l’accordo segreto “come un grimaldello cinese per cancellare la Chiesa sotterranea fedele al Papa”. Non ritiene che questi accordi sopravviveranno a questo pontificato.

Personalmente ci vedo altro in aggiunta. Lo Stato Vaticano è nella la sparuta pattuglia degli stati che hanno rapporti diplomatici e  riconoscono il boccone (Taiwan ) che la Cina vuole conquistare.

Come contropartita, non sorprenderebbe se il Vaticano disconoscesse l’isola di 23 milioni di abitanti e 21ma economia mondiale, ma se la dovrà vedere con Washington che considera Taiwan l’ultimo baluardo per mantenere ragionevole la sua posizione in Estremo Oriente e che già ha ammonito il Vaticano sui passi che intraprenderanno.