di Vittorio Volpi

Dopo due o tre anni di tregua coincidenti con il tentativo di negoziazione dell’ex Presidente Trump con il maresciallo Kim Jong-un, la Corea del Nord ridiventa pericolosa e le minacce di Kim sono molto più preoccupanti di ciò che sta succedendo in Afghanistan. Mentre la questione talebana è per tutti una minaccia umanitaria, la Corea del Nord è questione molto più pericolosa.

Cosa succederà con i talebani e tutte le incrostazioni di bande terroristiche è certamente un grave problema, ma non tanto da essere destabilizzante per le economie mondiali. La prova del nove: anche ieri i mercati europei e quelli americani (NYSE e NASDAQ) erano in salita e non c’è stata una sola flessione degna di rilievo nelle settimane scorse quando i ponti aerei e gli attentati erano in corso.

immagine Pixabay (Günter Ruopp)

Torna ad affacciarsi quindi sul mondo la minaccia nucleare nordcoreana. A rivelarlo è l’ultimo rapporto annuale della AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dell’ONU) che ha segnalato una ripresa del principale reattore nucleare della Corea del Nord, 5 megawatt di potenza a Yong Byon sopra la capitale di Pyongyang. L’impianto usa due elementi chiave: produce plutonio con l’uranio arricchito, indispensabile per la creazione di bombe atomiche.

È vero che chi ha un certo controllo sul monarca rosso è la Cina che fornisce il 90% di ciò che Pyongyang importa, ma in gioco c’è l’imprevedibilità del dittatore come più volte si è potuto constatare. La Corea del Nord ha già un arsenale atomico rilevante con missili di lunga gettata in grado di raggiungere gli Stati Uniti, ovvio la Corea del Sud ed il Giappone. Si tratta quindi di una mina vagante che non può non generare allarme e potrebbe destabilizzare i mercati finanziari internazionali che peraltro risultano aver aver già percepito il problema. Anche la Cina peraltro ha le sue gatte da pelare.

Il Quotidiano del popolo, il vero giornale del Partito-Stato, riportava il 31 agosto scorso l’inizio di una profonda rivoluzione in Cina affermando che “La Cina si trova attualmente in un ambiente internazionale sempre più critico e complesso. Gli Stati Uniti stanno attuando minacce militari sempre più severe, blocchi economici e tecnologici, attacchi finanziari. Hanno in corso un assedio politico e diplomatico contro la Cina, stanno conducendo una guerra spaziale contro la Cina e stanno pilotando una rivoluzione all’interno della Cina. Se in questo momento ci affidiamo ancora ai grandi capitalisti come forza principale nella lotta contro l’imperialismo e l’egemonia e se ci accontentiamo ancora della strategia statunitense del pan per focaccia e lasciamo che la nostra giovane generazione perda la sua forza e virilità, allora cadremo senza che intervengano i nostri nemici, proprio come accadde all’Unione Sovietica al tempo. Si permetterebbe al paese di crollare, il saccheggio della sua ricchezza e si farebbe cadere il popolo in un profondo disastro. Quindi i profondi cambiamenti che stanno avvenendo attualmente nel nostro paese sono proprio in risposta all’attuale grave e complessa situazione internazionale e proprio in risposta ai selvaggi e feroci attacchi che gli Stati Uniti hanno già iniziato a lanciare contro la Cina”.

Il governo “ritiene di avere il tallone di Achille in una società civile troppo americanizzata e simpatizzante con quello che è riconosciuto come nemico”. La Corea del Nord è quindi un mal di testa in più anche per Pechino. Così commenta uno che se ne intende come Francesco Sisci. La conferma di queste percezioni da Pechino si riscontra con le campagne lanciate ultimamente contro i grandi colossi dell’informatica, i videogiochi ed anche del tutoring (assiste gli studenti) che richiederebbero molti commenti a parte.

In sostanza lo slogan “non importa il colore del gatto purché prenda i topi” non è più attuale. La mano del mercato ha preso troppo piede. Tanti nuovi ricchi, ma la diseguaglianza sociale diventa sempre più pericolosa.

Si è sempre pensato che il Partito Comunista non sarebbe stato in pericolo purché l’economia fosse cresciuta, ma non basta più. Oggi per la Cina il diktat è diminuire le diseguaglianze economiche-sociali ad ogni costo.